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giovedì 30 giugno 2011

La zia di Lampedusa - Tienimi con te

Tienimi con teOttavo capitolo - Scoglio di Lampione, 12 ottobre sera - In serata la “Lampara” entrò nel pieno della sua attività con l’arrivo del signor Patania.
Il maltempo sembrò avere concesso una tregua, le onde del mare diventarono sommesse, il cielo a tratti fu di nuovo sgombro, il vento forte sfilacciò le nuvole cancellando il grigiore e disegnando ghirigori bianchi e viola sullo scenario infuocato del tramonto. Don Carmelo affrontò con una certa tranquillità l’ennesima traversata per accompagnare il nuovo ospite: non era certo un tipo formidabile come il dottor Tardonato, né si poteva definire pittoresco come Cristoforo Colombo. Sembrava un tipo piuttosto flemmatico, un classico ragioniere di mezz’età fornito di occhiali dorati a cerchietto e pancetta prominente. Il suo bagaglio, costituito da due pesanti e robusti trolley di buona marca, riuscì a placare perfino l’animo ansioso di Giovanna. Era diventata così sospettosa riguardo alla potenziale solvibilità dei suoi clienti!
Patania si mostrò molto soddisfatto del contesto e in particolare della camera. Affermò con entusiasmo che il giallo era proprio la sua tinta preferita. Si riunì a fare due chiacchiere con gli altri ospiti e riuscì a conversare amabilmente perfino col dottor Tardonato, in breve i due sembrarono diventati vecchi amici. Riccardo Patania non scoperse fili di amicizie in comune, però giunse alla conclusione di aver senz’altro conosciuto certi cugini di secondo grado del dottore, trapiantati da un paio di generazioni in Puglia, sua regione d’origine.
Quella sera Giovanna e Salvo non ebbero molto tempo per scambiarsi considerazioni in merito agli ospiti, perché furono occupati a preparare una cena molto elaborata che riscosse un ottimo indice di gradimento generale. La cuoca ufficiale era Giovanna, che aveva appreso con diligenza tutte le ricette segrete della zia, ma quando Salvo aveva voglia e tempo di unirsi a lei per aiutarla, in cucina si attivava un’alchimia speciale. C’era una sintonia impareggiabile fra loro che faceva, di quel cucinare insieme, il loro gioco di coppia preferito. Tutto quell’affettare, mescolare con sapienza e, di tanto in tanto, assaggiare, li scaldava. Consideravano il cucinare una delle poche attività della vita in grado di coinvolgere pienamente tutti e cinque i sensi. Infatti, in quanti altri modi, essi, possono divampare simultaneamente?
L’olfatto si esaltava agli effluvi delle spezie e degli aromi dell’orto. Le narici si dilatavano per accogliere lo stordimento avvolgente dei profumi dei cibi, inducendo ad incrementare la salivazione. Il tatto partecipava al gioco attraverso il contatto delle mani con l’acidità del limone, il balsamo degli oli, la pastosità degli zuccheri e del burro.
L’udito, poi, coglieva attento il crepitio invitante delle fritture, il sobbollire sommesso delle larghe pentole, il crocchiare fragrante delle verdure che si sminuzzavano docili sotto la lama. Al ritmo cadenzato dello sbatticarne si improvvisavano, in cucina, i balli più impetuosi. La vista si beava nel curare la scenografia dei piatti da portata. Alternando la composizione cromatica dei cibi disegnavano figure arcane, giocando a nascondervi allusioni insospettabili. Avevano un alfabeto segreto di simboli, di forme e di colori, col quale si scambiavano messaggi, talvolta oltre ogni immaginabile limite. Solo loro due, in possesso del codice, erano in grado di decifrare quei contenuti, senza che nessun altro, fortunatamente, potesse sospettarne minimamente il senso. Era un gioco cominciato per caso. Quando Giovanna viveva ancora da poco con loro, entrambi ci tenevano a rispettare una certa distanza formale. Allora sotto gli occhi ignari della zia, con l’uso di quei messaggi culinari, riuscivano a scambiarsi accordi silenziosi e a combinare progetti segreti, per la serata.
Il gusto, infine, faceva la parte del leone. Salvo e Giovanna si inebriavano a vicenda, proponendosi gli assaggi più sfiziosi. Era un avvicendarsi continuo di sapori aciduli e melliflui, salati e dolci, morbidi e piccanti, che si sovrapponevano. Le lingue vorticavano anelando a una ricerca sempre nuova di inedite sensazioni. Le bocche si schiudevano, sempre più voraci, in un crescendo di eccitazione che precorreva già a una nota, inesorabile, conclusione. Restavano in espansione, coi sensi tesi e vigili, fino a quando, alcune ore dopo, appartati nella loro intimità, avrebbero potuto finalmente abbandonarsi a ben altri gesti, sapienti e magici, suggeriti dalla passione. Quel gioco non era che il preludio all’accensione che si sarebbe propagata per tutto il corpo, producendo infine un’esplosione sincrona.
La cena si concluse nel migliore dei modi e, in particolare, il signor Patania ebbe parole di elogio per il caffè corretto “alla siciliana” con gocce di liquore di mandorle tostate, invenzione originale di Giovanna. Troppo eccitati per avere sonno, verso la mezzanotte, Salvo e Giovanna andarono a letto. Trionfanti per esser riusciti a sopravvivere al loro primo giorno di lavoro, gongolanti di avere conservato ancora un briciolo di forze e un po’ di tempo da dedicarsi, festeggiarono il successo con un confidenziale brindisi. Si spogliarono alla luce morbida della luna che filtrava dai vetri inondando il letto, adoperarono una lentezza studiata ad arte, per esasperare al massimo la tensione già palpabile e il bisogno impellente che avevano di ricongiungersi. Solo a notte inoltrata l’armonico accordo finale di quella lunga sinfonia a quattro mani li lasciò, sfiniti, riposare insieme.
Il tempo tornò a peggiorare, il silenzio fu rotto dal riecheggiare insistente delle onde che si infrangevano pesantemente sugli scogli. Nonostante i robusti infissi fossero stati tutti ermeticamente serrati, si udì il sibilare del vento che nell’oscurità assumeva toni alquanto inquietanti. Non si lasciarono suggestionare, in fondo erano abituati, si trattava di suoni familiari. Il torpore, con la complicità della stanchezza, ebbe presto il sopravvento. Quando, quieti e appagati, presero sonno, la nottata riservò loro altre sorprese.
Giovanna aveva il sonno più leggero. Fu svegliata dopo un paio di ore dal suono insistente del campanello dell’ingresso, balzò a sedere sul letto e scosse Salvo che, nonostante tutto, continuava a dormire profondamente: – Accidenti, svegliati! Prima che si sveglino tutti gli altri! È il campanello dell’ingresso principale, senti? – lo chiamò allarmata.
– Ma chi diavolo può essere a quest’ora? – biascicò Salvo aprendo gli occhi stralunati.
– Svelto! – continuò Giovanna – Vai a vedere chi è!
– Perché? Se non faccio in fretta temi che, chiunque sia, se ne possa andare via? – chiese lamentoso Salvo infilandosi le ciabatte.
– Stai attento! Ma dove vai così? Mettiti qualcosa addosso! – gli sussurrò Giovanna alle spalle, vedendolo sparire nudo nell’oscurità. Salvo passò velocemente dal bagno e si coprì, alla meno peggio, con un accappatoio. Pochi istanti dopo dall’atrio giunse un cono di luce e un vocio confuso e acuto. Era un uomo che parlava in falsetto? O era una donna? Era una donna a quell’ora della notte... che parlava con suo marito? Che, per di più indossava solo un vecchio accappatoio? Spinta dalla curiosità Giovanna saltò dal letto e andò a sbirciare, non credeva ai suoi occhi: Salvo stava aiutando una donna a... spogliarsi! Certo, la scusante era costituita dal fatto che quegli indumenti dovevano essere proprio fradici a giudicare dalla pozzanghera che si era formata ai loro piedi. Ma, scusante o no, un fatto era un fatto: c’era una donna che si era permessa di svegliarli, per farsi spogliare da suo marito! Che cosa assurda! Giovanna sentiva il sangue pulsarle forte alle tempie, era rimasta paralizzata dalla gelosia, se fosse uscita in quel istante avrebbe fatto una strage da prima pagina! Roba da fare impallidire perfino l’assassino di Linosa. Reputò più saggio restare ferma. Poi cercando di calmarsi ebbe un forte brivido, si ricordò che, anche lei, non aveva niente indosso. Afferrò la camicia da notte infilandosela, senza accorgersene, al rovescio. Era distratta dall’eco dei frammenti di conversazione che le giungevano deboli.

– Brr... ho le dita così gelée che non le sento più... – diceva la donna. Aveva una voce dolce, dall’accento vagamente straniero, e riprese: – ... e i piedi poi... non pas parler!- Udì il tonfo delle scarpe che volavano sul pavimento, mentre Salvo le sorrideva ... canaglia! Dovette aggrapparsi forte alla porta, cominciò mentalmente a contare, come ultimo rimedio contro la voglia che aveva, di uscire dalla camera come una furia e di scaraventarsi addosso a quella lì. Vide Salvo che, premuroso, le spalancava la porta del salottino: – La prego, si accomodi qui, c’è sicuramente meno freddo. Se la sente di aspettare da sola, un attimino? Chiederò subito a mia moglie di prepararle una bevanda calda mentre salgo a prepararle una camera.-
– Come no? Una tonificante spremuta di cicuta con un goccino di arsenico le potrebbe andare bene? – gli urlò in faccia Giovanna, acida, vedendolo tornare in camera.
– Ma sei matta! Non gridare, che quella ti sente! Piuttosto, occorre prestarle un pigiama o qualsiasi altro indumento asciutto dato che è rimasta quasi nuda?-
– Ma davvero? Poverina, viene a spogliarsi davanti a mio marito, nel cuore della notte, e dovrebbe anche farmi pena?-
– Ma piantala! Ma non ti sembra fuori luogo iniziare una lite per gelosia, proprio in questo momento? Quella poveretta è tutta intirizzita! Ha proprio una brutta cera...-
– Va bene. Tregua. Però domani faccio i conti... con tutti e due – disse Giovanna cercando nell’armadio gli indumenti più brutti che aveva, da prestare alla malcapitata. – La camomilla... gliela porto io, però gliela prepari tu, altrimenti ci metto davvero il cianuro! Anzi, già che ci sei, ne prepari una anche per me?-
Giovanna, senza profferire parola, servì la camomilla alla nuova arrivata. La squadrò spietatamente dalla testa ai piedi e, mentre un mare di parolacce le si affacciavano sulla punta della lingua, decise che entrambe dovevano avere, pressappoco, la stessa taglia e le porse degli abiti asciutti. Infine disse solo: – Dovrebbero andarle bene, credo. –
– Andranno benissimo, merci, – rispose l’altra con un sorriso stanco prendendo gli abiti. Giovanna l’accompagnò ad una delle camere libere e le augurò seccamente la buonanotte, la ragazza ricambiò il saluto e ringraziò ancora, timidamente, con un filo di voce e un incantevole sorriso. Scendendo le scale Giovanna provò una fitta di rimorso per essere stata tanto dura, la ragazza non si era accorta dei suoi modi scostanti, oppure era troppo provata per curarsene. Forse avrebbe avuto anche bisogno di un medico... di un antibiotico... in fondo fra gli ospiti c’era il dottor Tardonato. O le sarebbe bastata una buona nottata di sonno? Tornata in camera superò quell’attimo di smarrimento.
– Allora? Chi è? Cosa ti ha raccontato? – chiese a Salvo con tono dichiaratamente da interrogatorio.
– E cosa vuoi che ne sappia, io? – le rispose la voce cavernosa di Salvo da sotto il lenzuolo, col tono di chi non intende protrarre oltre la conversazione.
– Cosa? Vuoi farmi credere che una sconosciuta ti piomba in casa nel cuore della notte e tu la lasci entrare senza problemi? – gli fece Giovanna, per niente decisa a mollare.
– Ma che pretendevi? Che le chiudessi la porta in faccia, dicendole di tornarsene da dove era venuta? Non hai idea di che tempaccio ci sia lì fuori!-
– Infatti! Proprio questo deve metterti in sospetto: come ha fatto, quella, ad arrivare fino a qui?- Salvo tacque perché era piombato in letargo.
– E rispondimi! – gridò Giovanna scuotendolo, finché lui si arrese emergendo sconfortato: – Va bene... ti posso ripetere solo quello che mi ha detto. E che già sai, perché, ne sono certo, hai ascoltato anche tu. È una turista francese di origine nordafricana. È in vacanza in Sicilia, da sola. Da qualche giorno è arrivata a Lampedusa, è appassionata di vela perciò ieri è uscita in barca poco prima del tramonto, dato che il tempo le sembrava migliorato. Non intendeva allontanarsi troppo dalla costa ma il vento le ha giocato un brutto scherzo cambiando improvvisamente direzione. Penso che non sia molto pratica di navigazione, anche se dice che le piace la vela! Insomma, in breve si è ritrovata al largo, le vele si sono lacerate, il telefono le è caduto in mare e le onde le hanno capovolto lo scafo. Stava per lasciarci la pelle, è rimasta aggrappata per diverse ore a quel che restava del suo guscio di vetroresina, nel buio, finché la corrente non l’ha sbattuta sul nostro scoglio! -
– È sposata?-
– Ma cosa vuoi che ne sappia?-
- Non hai visto se aveva la fede?-
– No, non ci ho fatto caso. Di sicuro ha un ematoma su una coscia e delle abrasioni al fianco sinistro, se le deve essere procurate urtando contro gli scogli, ma non mi sembra nulla di grave. Forse avremmo dovuto svegliare il dottor Tardonato e chiedergli di visitarla, ma ormai penso sia meglio aspettare domattina, tanto, fra un paio d’ore sarà già l’alba-
– In effetti, mi è sembrata molto prostrata... non ci morirà qui? Nel corso della notte? Mio Dio!-
– Ma non dire sciocchezze! Vedrai che domani mattina starà meglio. Mi è sembrata abbastanza lucida, dice che quando ha visto la nostra insegna le è sembrata la risposta alle sue preghiere. Da stanotte dice di aver avuto la prova che lassù qualcuno, ogni tanto, ci ascolta. Mi ha chiesto se avevamo una camera libera e se potevamo considerarla un’ospite della pensione, come tutti gli altri, pur essendo arrivata in modo a dir poco avventuroso. Penso che non abbia nulla di rotto, non si è lamentata di particolari dolori o altro-
– Ma possiamo crederle? Pensi che sia un tipo a posto? Se fosse una poco di buono, che ha escogitato una macchinazione? – Chiese seria Giovanna. – Tesoro, non è certo in una notte come questa che una ladra si metterebbe in moto, non credi?-
– Potrebbe avere dei complici che l’aspettano al largo...-
– Certo! – proseguì Salvo ironico – Così svaligia la pensione, poi scappa a nuoto, nella tempesta, indossando il tuo prezioso pigiama e stringendo fra i denti il fagotto con l’argenteria di zia Salvatrice!- Giovanna era ancora dubbiosa: – Dunque è straniera? -
– Sì, penso di sì. Così ha detto, si chiama Jasmine Togo, ho visto anche i suoi documenti, inzuppati. E le sue carte di credito, intatte. Fortuna che oggi sono tutti rettangoli di plastica.-
– Fortuna che la camera rosa fosse già pronta! Pensi che avrei dovuto prestarle anche uno spazzolino da denti?- Giovanna ebbe un nuovo attimo di pentimento, per essere stata così brusca.
– Credo che sopravvivrà anche senza lavarsi i denti, per stanotte! Ora dormiamo, vuoi? Buona notte amore - Concluse Salvo sprofondando definitivamente fra le lenzuola.
– Certo, è proprio una notte da lupi... – osservò Giovanna pensierosa – ... Pensi che riuscirò a far lievitare il pane come faceva la zia Salvatrice, se dovessimo rimanere isolati per diversi giorni?-
– Sicuro! Tu riesci sempre a far tutto ciò che vuoi, tesoro! – la rassicurò zuccheroso Salvo – Buona notte, adesso dormi...-
– ...Se fossimo tagliati fuori dalla civiltà... – continuò Giovanna imperterrita.
– Dormi...-
– ...allora non arriverebbe più la fornitura del fornaio, né del macellaio, neanche il pesce fresco potremmo avere, o la posta... Internet non l’abbiamo voluto per principio, la televisione satellitare tanto meno... ma ti rendi conto che potremmo restare veramente isolati?-
– Domani ne parliamo, per ora dormi, ti prego. -
– Per fortuna abbiamo il gruppo elettrogeno autonomo e i pannelli solari -
– Sì cara, ma per ora dormiamo, ti prego...-
– Piuttosto, dobbiamo controllare il livello del gasolio...-
– Dormi ...-
– Il carico dovrebbe arrivare domani, ma con questo tempaccio sarà difficile, occorrerà fare dei conti per limitare i consumi al minimo indispensabile... ma ... non hai sonno? Dove vai? – chiese Giovanna allarmata, vedendo Salvo alzarsi e sparire dalla camera. – Forse potremmo farli domani, i conti... – continuò perplessa con un filo di voce. – Cos’è ? – chiese Giovanna sospettosa vedendolo rientrare pochi istanti dopo con una tazza fumante in mano.
– Cosa vuoi che sia? La tua solita camomilla, tesoro! – le rispose Salvo porgendole la tazza – Ecco, bevi. - Giovanna non arrivò a berla tutta, si addormentò in pochi istanti fra le sue braccia. Lui le tolse la tazza dalle mani e, delicatamente, le rimboccò teneramente il lenzuolo domandandosi se, forse, non aveva esagerato con il numero di gocce di valeriana. Poi si strinse le spalle e infilandosi nel letto pensò: – Beh! Quando ci vuole, ci vuole. Pazienza.
Fino alla fine, fino a che si può,
fino al confine, fino all’ultimo, fino alla fine del tempo,
fino a che ce n’è ancora un po’, fino alla fine di tutto, fino allora tu
tienimi con te, sotto il buio aperto della notte di un deserto tra le dune del tuo petto
e tienimi con te così al tuo sonno stretto niente è triste più di un letto vuoto e già sofferto.
Quante foglie ha il vento nei viali soli quando ha il sopravvento su noi persi in altri voli,
quante onde ha il mare come belve in gabbia? Sempre qui a scappare e noi siamo solo sabbia
che pena poter bagnare appena le labbra fino alla fine, fino a che si può, fino al confine,
fino all’ultimo fino alla fine del tempo, fino a che ce n’è ancora un po’,
fino alla fine di tutto, fino allora tu
tienimi con te, tienimi con te, tienimi con te, tienimi, tienimi con te.

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Pentito D'Assaro: Denise fu nascosta in un ristora...

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Pentito D'Assaro: Denise fu nascosta in un ristora...: "'Dopo essere stata rapita, e prima di essere trasferita a Palermo, la bambina fu portata al ristorante Lo Squalo di Mazara. Me lo disse la m..."

Pentito D'Assaro: Denise fu nascosta in un ristorante a Mazara

Pentito D'Assaro: Denise fu nascosta"Dopo essere stata rapita, e prima di essere trasferita a Palermo, la bambina fu portata al ristorante Lo Squalo di Mazara. Me lo disse la mia ex moglie, Rosalba Pulizzi". Lo ha dichiarato, rispondendo all'avvocato di parte civile Luisa Calamia, il pluriomicida Giuseppe D'Assaro, ascoltato, davanti al Tribunale di Marsala, nel processo per il sequestro della piccola Denise Pipitone, la bambina rapita a Mazara del Vallo (Tp) l'1 settembre 2004, quando aveva poco meno di quattro anni.   
Nel processo gli imputati sono Jessica Pulizzi, 24 anni, sorella (per parte di padre) della bambina rapita, accusata di concorso in sequestro di minorenne, e il suo ex fidanzato Gaspare Ghaleb, 26 anni, italo-tunisino, che deve difendersi dall'accusa di false dichiarazioni al pubblico ministero.  Nel ristorante, che secondo quanto raccontato da D'Assaro era di proprietà di una zia della sua ex moglie, e quindi parente anche di Jessica Pulizzi, la bambina sarebbe stata nascosta fino a tarda notte. Il ristorante cessò l'attività nel 2008. 

Quando il mare incontra il gusto: specialita' da Ustica

Un’esplosione di sapori ha coinvolto i 40 ospiti presenti ieri al laboratorio gastronomico del giovane chef del ristorante “il Bavaglino” di Terrasini, Giuseppe Costa. Ad aprire la cena, al ristorante Clelia di Ustica, l’introduzione di Nino Aiello, giornalista enogastronomico siciliano, che durante la serata ha presentato lo chef e i suoi piatti, abbinando a ogni portata un prezioso vino delle cantine Rallo. Grande coinvolgimento e grande entusiasmo da parte degli invitati che hanno accettato positivamente anche i gusti più originali. Il laboratorio gastronomico è stato organizzato nell'ambito della 51esima Rassegna Internazionale Attività Subacquee che vede l'isola anche quest'anno grande protagonista. Tanti gli atleti e i personaggi internazionali del mondo marino impegnati, fino a domenica 3 luglio, in svariate attività (foto di Francesco Baiamonte).In primo piano i prodotti tipici usticensi. Ecco un secondo con tonno scottato, crema di lenticchie di Ustica agrodolce di cipolla rossa, spuma di Nero d'Avola.Gamberi di nassa crudi, albicocche e insalatina croccante.Il pane nero.Spazio anche ad un primo piatto, i Fusilloni mantecati con crema di tenerumi, crema di Vastella e granella di bottarga, servita con un Grillo Bianco Maggiore delle cantine Rallo, dal sapore esotico.

sicilian heart(CUORE SICILIANO): FESTINO DI SANTA ROSALIA Palermo 10 - 15 luglio

sicilian heart(CUORE SICILIANO): FESTINO DI SANTA ROSALIA Palermo 10 - 15 luglio: "Il Festino di Santa Rosalia giunge quest'anno alla sua 387^ edizione. Autentico scrigno di tradizioni, la festa della patrona di Palermo è u..."

FESTINO DI SANTA ROSALIA Palermo 10 - 15 luglio

Il Festino di Santa Rosalia giunge quest'anno alla sua 387^ edizione. Autentico scrigno di tradizioni, la festa della patrona di Palermo è un evento che attira in città decine di migliaia di turisti e celebra la liberazione della città dalla peste del 1624 attribuita all'intercessione della "Santuzza" Il primo festino porta la data del 1625. Nel corso dei secoli la festa ha saputo rinnovarsi mantenendo però inalterato tutto il suo fascino e la sua tradizione. La notte tra il 14 e il 15 luglio migliaia di palermitani accompagnano lungo corso Vittorio Emanuele, fino al Cassaro, la lunga marcia del carro della Santuzza. Un mix di folklore e religione che trova il suo culmine nei tradizionali fuochi d'artificio che illuminano a giorno il foro Umberto I fino alla Cala

LA SCALA ILLUMINATA di caltagirone

tradizioniLa Scala offre uno spettacolo unico al mondo quando, le sere del 24 e 25 luglio, e la sera di ferragosto tra il 14 e il 15 agosto viene "illuminata". Seguendo una tradizione secolare che ha origine nel '600 e che trovò la sua massima espressione nell'800, migliaia di coppi, preparati e colorati rigorosamente a mano, secondo un'antica maestria che si tramanda di padre in figlio, vengono posti lungo i gradini per formare un unico meraviglioso disegno. In fondo al coppo viene posta della sabbia e, sopra, una ra (da qui la denominazione di "luminaria"), piccolo recipiente in terracotta, dotata di apposito stoppino in cotone, che al momento giusto viene riempita d'olio.

Terme di Alcamo e Castellammare

Terme Gorga (Alcamo)Lo stabilimento termale si trova in aperta campagna, in località Gorga, a pochi chilometri dal sito archeologico di Segesta, sulla sponda orientale del fiume Caldo e a poca distanza dalle Terme Segestane (v. Castellamare del Golfo). Le acque termali della fonte Gorga si raccolgono in una conca naturale tra agglomerati argillosi, con una temperatura costante di 51 °C. Un condotto di circa 300 m convoglia le acque alcalino-solfuree e i fanghi costituiti dal precipitato naturale, senza aggiunta di argilla fino all'edificio termale, sistemato in un antico mulino ristrutturato negli anni Sessanta. Lo stabilimento occupa il piano terreno mentre il resto della struttura è adibito ad albergo che dispone anche di due piscine termali all'aperto.
Terme Segestane (Castellammare)Le Terme Segestane si trovano a Castellammare del Golfo in località Ponte Bagni. Le sue acque sono ipertermali e sgorgano ad una temperatura di circa 44° C. Nello stabilimento termale troviamo due piscine di cui una per bambini, e la grotta detta della regina una vera e propria sauna naturale. Tra i numerosi trattamenti praticati alle terme Segestane, ricordiamo la bagnoterapia, fanghi, grotte, massaggi, idromassaggi, aerosol, inalazioni ed irrigazioni. Si curano inoltre le patologie dermatologiche, dell'apparato motorio e respiratorio.

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martedì 28 giugno 2011

TAORMINA ARTE

Spettacoli e meravigliaDall'11 al 18 giugno il Taormina Filmfest e il 25 giugno la cerimonia di consegna dei Nastri D'Argento. Per quanto riguarda le opere sarà il "coraggio" il tema al centro delle due opere che saranno allestite quest'anno al Teatro Antico di Taormina. Tra queste il verdiano Nabucco (5, 9 e 13 agosto), opera inaugurale prescelta per onorare il 150° Anniversario dell'Unità d'Italia e l'Aida (7, 10 e 12 agosto). Torna anche la grande danza con l'American Ballet Theatre, nel raffinato George Balanchine Gala (17 agosto).

Sfinciuni e cudduruni

"U sfinciuni" - Sfincione palermitano e bagherese. il nome sfincione deriverebbe dal latino spongia ossia "spugna" anche se c'è chi sostiene che esso derivi dal termine arabo "sfang" con cui  si indica una frittella di pasta addolcita con il miele. Lo sfincione è correlato ad un'antica ricetta  costituito da pane pizza (lievitato, morbido rassomigliante ad una spugna) con sopra una salsa a base di pomodoro, cipolla, e pezzetti di caciocavallo.
Ingredienti per l'impasto: 400 g di farina di rimacinato - 100 g. di farina 00 - lievito di birra disidratato 1 bustina - 300 ml ca. di acqua tiepida - 1 cucchiaino di zucchero - 10 g ca di sale
Per il condimento:per lo sfincione bagherese: 200 g. di primosale - 200 g. di ricotta - 4 grosse cipolle - sarde salate - mollica di pane del giorno stesso ridotto in briciole - olio di oliva - sale e pepe q.b. - origano - caciocavallo grattuggiato
per lo sfincione palermitano: salsa o polpa di pomodoro - 4 grosse cipolle - sarde salate - caciocavallo a dadini - pan grattato - olio di oliva - sale e pepe q.b. - origano


PREPARAZIONE: Mettere in una terrina le farine, lo zucchero ed il lievito, impastare aggiungendo l'acqua poco a poco. I 300 ml sono puramente indicativi poiché dipende dal grado di umidità della farina, potrebbero esserne necessari anche di più. Bisogna tener presente che l'impasto deve risultare molle quasi da doverlo sbattere con la mano piuttosto che impastarlo come si farebbe con il pane. Soltanto alla fine aggiungere il sale poiché non deve mai venire a contatto direttamente con il lievito. Mettere l'impasto a lievitare coprendo la terrina con uno strofinaccio e avvolgendola con una coperta. Mentre l'impasto lievita, dovrà raddoppiare il suo volume, affettare le cipolle e farle appassire con un dito d'acqua. Quando l'acqua si sarà asciugata del tutto aggiungere una generosa quantità di olio e un paio di sarde e far stufare ancora, dovrà risultare una salsa asciutta. Adesso, nel caso della versione bagherese, aggiustare di sale e pepe, aggiungere l'origano e, quando la salsa è ormai fredda anche una manciata di caciocavallo grattugiato. Togliere le cipolle dal tegame/padella e nell'olio rimasto far tostare le briciole di mollica di pane. Nel caso, invece, della versione palermitana occorrerà aggiungere la salsa o la polpa di pomodoro, aggiustare di sale e pepe e far cuocere. Quando l'impasto sarà raddoppiato, con le mani unte abbondantemente di olio disporlo nella teglia già cosparsa di olio facendo uno strato di uno spessore di circa 1,5 cm , disporre le sarde a pezzetti facendoli penetrare leggermente nell'impasto. Adesso nel caso dello sfincione bagherese ricoprire tutta la pasta con fette di primosale, poi ancora con fette di ricotta, ricoprire con il composto di cipolle ormai a temperatura ambiente, infine ricoprire con le briciole leggermente tostate e far lievitare ancora fino a che non avrà raggiunto il bordo della teglia.Nel caso dello sfincione palermitano disporre sulla pasta i dadini di caciocavallo generosamente, ricoprire la con il composto di salsa di pomodoro e cipolle ormai a temperatura ambiente e porre a lievitare. Quando la pasta avrà raggiunto quasi il bordo della teglia, infornare in forno già caldo alla temperatura di 200° C per 30'-40' ca. Nel caso dello sfincione palermitano a metà cottura cospargere lo sfincione di pangrattato lievemente tostato con un goccio di olio.
U' cudduruni, similmente allo sfinciuni, è un pan pizza con cipolle, acciughe, pomodoro, cacio cavallo, verdure e quant'altro a seconda delle usanze delle diverse province. Può essere aperto come una pizza, chiuso come un calzone o arrotolato come uno strudel o un ciambellone.
INGREDIENTI per 4/6 persone:
Per la pasta: 1,5 kg di farina di grano duro 30 gr lievito di birra,   acqua e sale
Per il ripieno: 2 kg di cipolle 150 gr  Caciocavallo, Olive nere,  filetti di acciughe, olio extra vergine d'oliva, concentrato di pomodoro, sale.
PREPARAZIONE Sciogliere il lievito in un po' d'acqua tiepida. Versate la farina a montagna sul tavolo da lavoro. Unite il lievito sciolto. Aggiungete ancora un po' d'acqua e cominciate ad impastare fino a raggiungere la consistenza di una pagnotta di pane. Avvolgetela in un panno e lasciatela lievitare per circa un'ora. Dopo la lievitazione, stendere la pasta. Tagliare le cipolla  a fette sottili , disporle  in   padella  con un po' d'olio e acqua e lasciar cucinare un oretta, mescolando. Quando saranno asciutte, lasciatele raffreddare. Se avete deciso di preparare la versione chiusa, disponete il condimento solo su metà della pasta.
Passate un po' di concentrato di pomodoro sulla pasta disposta in una teglia da forno, aggiungete la cipolla, il caciocavallo a tocchetti, le olive nere snocciolate e tagliate, le acciughe,  un po' di concentrato di pomodoro ed un filo d'olio.  Richiudete la pasta su se stessa o coprite con l'altro foglio di pasta e fermate i brodi. Spennellate con un po' d'olio, pungete  con una forchetta, mettete in forno caldo a 250° per circa 20 minuti. Tagliate a fette e servite.


Pidoni messinesi
Ingredienti per l'impasto: 1 kg. di farina di rimacinato - 4 cucchiai di olio di oliva - 2 cucchiai di zucchero - 10 g. di sale - mezza bustina di lievito di birra disidratato - acqua q.b.
Per il ripieno:Indivia riccia lavata e ben scolata - olio - sale - pepe - sarde salate - mozzarella a dadini Impastare tutti gli ingredienti avendo cura che il sale non venga mai a contatto con il lievito ed aggiungendo tanta acqua tiepida, in modo di ottenere un impasto morbido ma sodo.
Condire l'indivia riccia ben asciutta a piccole quantità, per evitare che il sale le faccia espellere l'acqua di vegetazione, con olio, sale e pepe abbondante. Spianare la pasta per ricavarne dei calzoni da farcire con abbondante indivia condita, pezzetti di sarde salate e mozzarella a dadini. Chiudere per bene i bordi con i rebbi di una forchetta e friggere in olio ben caldo.

Gli involtini di manzo alla siciliana

 noti anche come spiedini costituiscono un piatto tradizionale, cucinato in ogni angolo della Sicilia, che può subire delle variazioni nel ripieno. Il ripieno tradizionale a Palermo è composto da pangrattato, passoline, pinoli e caciocavallo. Mentre gli involtini cuociono sulla carbonella l'aroma sprigionato dalla cipolla si mischia al particolare odore d'alloro creando una sinfonia di sapori squisitamente tipici.
Ingredienti: 1 chilo di fettine di manzo sottili (dimensioni 3 x 6 cm. circa) -foglie di alloro - due cipolle di grosse dimensioni. Per il ripieno 300 g. di pangrattato - 300 g. di caciocavallo o pecorino grattugiato - mezza cipolla da grattuggiare - 10 g. di passoline - 10 g.di pinoli -  mezzo bicchiere d'olio extravergine d'oliva, sale, pepe.
Preparazione: Soffriggere la cipolla finemente tritata, una volta imbiondita aggiungere del pangrattato, del formaggio grattugiato. Ammorbidite in acqua tiepida le passoline ed aggiungerle con i pinoli. Amalgamare il composto con un filo d'olio. Esso dovrà risultare compatto in modo da poterlo modellare all'interno dell'involtino di carne. Preparare gli involtini aggiungendo dell'olio alle fettine di carne ed un pizzico di sale, disporre un po' di condimento e avvolgerle in modo da formare degli involtini. Preparare lo spiedino precedendo come segue: in due stecche da spiedo in bamboo infilzare una sfoglia di cipolla seguita da una foglia di alloro e successivamente l'involtino e poi continuare seguendo questo ordine. Ungere con dell'olio gli spiedini e passarli nel pangrattato. Successivamente cuocerli su una griglia o su una piastra o al forno per 10-15 minuti.

Involtini di pesce spada

Gli involtini di pesce spada sono un piatto della tradizione siciliana, preparati con sottili fettine di pesce spada e con un ripieno composto da ingredienti semplici e gustosi come pangrattato, pomodori, capperi e olive.
Ingredienti: Alcune foglie di basilico, 4 fette di pesce spada, 2 pomodori.
Ingredienti per il ripieno:  Alcune foglie di basilico, 1 spicchio d'aglio, una piccola quantità di capperi sottosale, 6 olive verdi, olio di oliva, 4 cucchiai di pangrattato, 2 pomodori pelati, peperoncino in polvere sale q.b.
Preparazione:
Preparare il composto per il ripieno. Mescolare il pangrattato con del basilico tritato, le olive sminuzzate, i capperi, uno spicchio d'aglio tritato e i pomodori sminuzzati. Aggiungere sale e peperoncino. Stendere il pesce spada tagliato a fette sottili, disporvi sopra alcuni di cucchiai di ripieno e arrotolarle. Chiudere gli involtini con l'ausilio di stuzzicadenti e metterli in una pirofila precedentemente unta d'olio. Prima di infornare, alternare gli involtini con delle fettine di pomodoro e foglie di basilico, spolverarli con un pugno di pangrattato e un filo d'olio d'oliva. Mettere in forno precedentemente riscaldato a 180 gradi per almeno 10 minuti. Servire gli involtini di pesce spada caldi.

Cibo di strada e antichi mercati

La Sicilia a tavolaCibo di strada ed antichi mercati Il cibo di strada, ovvero le tipiche bancarelle di Palermo ove è possibile mangiare un po' di tutto, si trova ancora oggi in tutta la città e soprattutto nei quartieri popolari al margine dei grandi mercati storici: la Vucciria (dal francese bucherie - baccano), il Capo, Ballarò (forse l'angolo più multietnico della città) ed il Borgo Vecchio. Vi si giunge seguendo il forte odore di fritto: presentati alla buona su grandi vassoi ricoperti di carta fanno bella mostra dietro al vetro le tipiche "panelle", di cui detto in precedenza, da gustare in grandi focacce di pane e sesamo, a cui spesso si abbinano i così detti "cazzilli" fritti (ovvero croquettes di patate fritte nell'olio). Non meno gustosi sono le melanzane fritte o il "cicireddu", ovvero pesce piccolissimo infarinato e fritto al momento. Spesso all'ingresso della friggitoria resiste la scritta "pani cà meusa". Vuol dire che qui si rispetta davvero la tradizione. Si tratta di un cibo gustosissimo ma per palati forti. Messi a ribollire nello strutto, le interiora di bue, milza e polmone vengono servite dentro al pane e condite con limone o in alcuni casi con la ricotta o formaggio locale. Non meno popolare è la "stigghiola", spiedini di pecora o di vitello arrostiti sulla griglia. Nati con gli arabi, i suk presenti in diverse città e cittadine dell'Isola conservano intatte le radici arabe della cultura siciliana nel modo di sistemare la frutta fresca, le arance soprattutto, quella secca, ma anche la grande varietà di specie esotiche, le spezie, provenienti dall'Oriente vicino e lontano e le olive, nella loro incredibile varietà e profumo di aglio, origano e peperoncino. Bellissimi sono i banchi del pesce, come nel famoso Mercato del Pesce di Catania. Vi troneggiano interi pescispada, cernie scure, orate e saraghi, cozze e vongole, polpi ed altri crostacei, abbonda il pesce azzurro, tra sarde già pulite, sgombri, spatole argentate e caponi. I gamberi, da quelli grossi e rossi di Mazara del Vallo, a quelli più piccoli di sabbia, spesso già puliti e sgusciati. Nei mercati di Sicilia si parla, si contratta e si vive immersi in un mondo che sembra quasi un teatro.

lunedì 27 giugno 2011

Realmonte e la Scala dei Turchi

Realmonte e la Scala dei TurchiRealmonte è un grazioso paesino agricolo posto su una pianura che lambisce una costa splendente con spiagge incantevoli attraversate da candide scogliere, come quella della Scala dei Turchi sulla quale il vento e la pioggia hanno scavato una gradinata naturale. Il suo colore bianco è reso ancora più luminoso dalla luce del sole che si inserisce tra l¿azzurro del cielo e il blu trasparente delle acque sottostanti. Narra un¿antica leggenda locale che i corsari saraceni, ormeggiate le navi nelle acque calme, limpide e protette dalla Scala, si arrampicarono su quei ¿gradini¿ naturali raggiungendo la cima della scogliera e potendo razziare così i villaggi attorno. È poco probabile che i saraceni fossero giunti fin qui, ma il racconto popolare ha finito per prevalere sulla storia¿ e affascinare come questo piccolo e suggestivo angolo di Sicilia. Tale è la bellezza del sito che nel 2007 il Comune di Realmonte ne ha chiesto l¿inserimento nell¿elenco dei siti UNESCO Patrimonio dell¿Umanità. Perché non è soltanto questo sperone di roccia candida a incantare, quanto l¿insieme costituito dalle sue spiagge che le si allungano ai fianchi, da Giallonardo a Pergole, Pietre Cadute, Lido Rossello (il più vicino a Realmonte, raggiungibile anche a piedi), fino a Punta Grande, al confine con il territorio di Porto Empedocle. Se la Scala dei Turchi è una meraviglia della natura, da visitare anche altri siti affascinanti, la Villa Aurea, lussuosa abitazione risalente al I secolo d.C. e la necropoli nei pressi di Vallone Forte.

Ragusa e Marina di Ragusa

RagusaCon una temperatura ben più alta e confortevole rispetto alla città, anche in pieno inverno, la piccola baia di Marina di Ragusa è considerata da molti un piccolo paradiso dei surfer e windsurfer, locali e non, godendo, grazie alla sua speciale esposizione, di favorevoli condizioni di vento. Luogo ricercato di vacanza e di svago, offre ampie opportunità di relax e di divertimento, accogliendo durante l'alta stagione oltre 60.000 villeggianti provenienti da tutta la Sicilia Sud-Orientale. Turisti italiani e stranieri sempre più scoprono e apprezzano i suoi lidi di sabbia dorata finissima, la sua riviera popolata di locali notturni, pub, ristoranti e negozi che offrono il meglio della ristorazione e dello shopping, in un contesto di serena e ordinata socialità, desiderata e custodita dalla sua gente. Da Marina di Ragusa, inoltre, si possono raggiungere in giornata diverse località siciliane poste al di sotto della linea che congiunge Messina ad Agrigento, tra cui la piccola e deliziosa località di Donnalucata che dista soltanto 8 chilometri più a Est. Donnalucata è un borgo dalle origini antichissime. Il suo nome deriva dall'arabo Ayn al-Awqat (cioè, la fonte delle orazioni), con cui gli Arabi la chiamavano per via di piccole sorgenti nei pressi del mare da cui i musulmani erano soliti pregare, come ci ricorda anche il geografo Al-Idrîsi. Un luogo mozzafiato che saprà ammaliarvi per tradizioni genuine, sapori semplici, odori inconfondibilmente mediterranei, i colori del mare e delle spiagge che, come smalti distesi dalle mani sapienti di esperte maestranze, vi faranno godere ogni istante che vorrete trascorrere su questo tratto di costa. Poco distante, troviamo Donnafugata, celebre per il castello che conta ben 122 stanze ricche di trompe-l'oeil e statue; costruito tra la metà del XVII e l'inizio XX secolo, il risultato è una summa di stili che va dal gotico veneziano dell'elegante loggia che troneggia al centro, con bifore sormontate da trine e rosoni, al tardo rinascimentale visibile nei massicci torrioni.

Bandiere Blu di Legambiente 2011

Bandiere blu 2011 LegambienteMigliora ancora nella classifica delle località costiere per le migliori vacanze estive la Sicilia, che conquista il secondo posto con l'Isola di Salina (Messina) e vede sventolare le 5 vele anche a San Vito Lo Capo (Trapani) e Noto (Siracusa). New entry siciliana anche tra le 4 vele con l'agrigentina Siculiana.

I Pantani di Vendicari

I Pantani di VendicariIn provincia di Siracusa, tra Noto e Marzamemi, si osservano i Pantani di Vendicari, che svolgono la funzione di essere luogo di sosta nella migrazione degli uccelli, nella linea area che va dall'Europa all'Africa.
Nel 1984 è stata istituita la Riserva Naturale Orientata Oasi Faunistica di Vendicari, che ha un'estensione di circa 1500 ettari e rappresenta una zona umida di importanza internazionale. L'area più importante della riserva è rappresentata dai tre pantani: il Pantano Piccolo, il Pantano Grande ed il Pantano Roveto.
Questi Pantani sono inglobati tra cordoni rocciosi con basamenti di arenarie, argille e sabbie cementate, che arrivano anche a quote di una quindicina di metri sul livello del mare. Le rive sono caratterizzate da ampie praterie di Salicornia, mentre nelle aree limitrofe si insediano Giunchi, Carici e Canna Domestica.
Le dune sabbiose sono invece ricoperte da una vegetazione cespugliosa di garighe, con piante di timo, spinaporci, palme nane, mandragora e numerose orchidee. Poi la macchia dominata dal ginepro coccolone, che raggiunge il massimo sviluppo nella zona di cittadella dei Maccari.
La riserva è formata da una stretta striscia di terra lungo la fascia di costa che va da Noto a Pachino. Il confine nord è situato nei pressi della Foce del Fiume Tellaro, a ridosso della zona archeologica di Eloro. All'estremità sud si trova invece l'ex stazione di San Lorenzo.
Nell'ecosistema della riserva è possibile trovare due specie vegetali indigene: le alofite, in grado di assorbire acqua con elevato grado di salinità, e le succulente, in grado di accumulare nei propri tessuti elevate quantità di acqua dolce.
In tutte le stagioni è possibile osservare una moltitudine di uccelli tra i quali il cavaliere d'Italia, il fenicottero, il gabbiano corallino, il gabbiano zafferano, il piropiro, il fratino, il piviere e il bellissimo airone cinerino. Numerosi uccelli acquatici sostano nell'isolotto di Vendicari (di fronte al Pantano Roveto) prima di raggiungere le coste africane.

Scooter contro auto, gravi due ragazzini a Palermo

incidente palermoPALERMO. Un ragazzina di 13 anni e un ragazzino di 15, coinvolti in un grave incidente stradale, sono ricoverati in prognosi riservata rispettivamente al Civico e a Villa Sofia a Palermo. I due erano su un ciclomotore che si è scontrato con un'auto. L'automobilista, una donna, avrebbe riportato ferite lievi. L'incidente, le cui cause sono ancora da accertare, è accaduto nel parco della Favorita. Nella zona il traffico è bloccato. Indagano i vigili urbani.

domenica 19 giugno 2011

Pasta con le sarde

SardeLa Zia oggi ci propone un piatto radicato nella tradizione siciliana e ricco di profumi e sapori.
«talmente tipico da comprendere innumerevoli varianti di preparazione: una per ogni cuoca siciliana!»
Una piccola chicca, finocchietto selvatico e sarde sono due degli ingredienti base di questo piatto, entrambi danno carattere alla pietanza, ma se la massaia siciliana non disponeva di uno dei due? Secondo voi, avrebbe mai rinunciato alla pasta con le sarde? La risposta è semplice, no!
Ecco così che nacquero anche la “pasta con le sarde e il finocchietto in montagna” (in mancanza del finocchietto) e la “pasta con le sarde a mare” (in mancanza delle sarde).
Questo ci dà la conferma di come questo piatto sia legato profondamente ai ricordi, ai profumi e alle suggestioni di ogni individuo.
Pasta con le Sarde
Cosa occorre:
  • 500 g di sarde fresche
  • 500 g di bucatini
  • finocchietto selvatico q.b.
  • 3 aggiughe
  • 2 cipolle medie
  • 2 spicchio d’aglio
  • 2 pomodori a grappolo
  • 2 cucchiai di uva passa
  • 2 cucchiai di pinoli,
  • una bustina di zafferano
  • olio d’oliva, sale e pepe q.b.

Se vogliamo prepararlo secondo regola, quindi con tutti gli ingredienti base, la Zia ci consiglia di fare «una bella passeggiata in campagna, destinata alla raccolta dei profumatissimi ciuffi di finocchietto rigorosamente selvatico» e ci svela anche un trucco per conservarlo più a lungo, suggerisce di «avvolgerlo appena raccolto in un panno di spugna bagnato».
Per la pasta «si potranno utilizzare svariati formati (…) uno dei più tradizionali è il cosiddetto maccherone lungo o bucatino, ma c’è anche chi predilige gli spaghetti (n°5) spezzati».
Ma andiamo alla vera e propria esecuzione del piatto:
«In una padella capace fate soffriggere le cipolle aromatizzate con una crema ottenuta in precedenza, lasciando disfare lentamente delle acciughe salate e un paio di spicchi d’aglio, in olio d’oliva abbondante. Quando il soffritto è ben dorato togliete l’aglio e aggiungete le sarde diliscate, aperte a metà, lavate e asciugate al canovaccio, e infarinate. Si lascino dorare due minuti per parte e si tolgano dalla padella. Si uniscano, alla crema del fondo di cottura, parte dei finocchietti in precedenza lessati e strizzati.
Gli ingredienti devono rosolare a fuoco vivo per tre minuti, subito dopo si aggiungano i pezzetti di pomodoro fresco tagliati a filetti e privi di bucce e semi pestandoli con i rebbi di una forchetta perché si sciolgano in parte. Attendere che si amalgamino i sapori facendo cuocere per alcuni minuti a fuoco lentissimo con il coperchio. Scoperchiare e unire i pinoli e l’uva passa che è stata già posta ad ammorbidirsi in una tazza di acqua tiepida. In ultimo aggiungete ciuffi abbondanti di finocchietto selvatico in crudo, ben lavato e tritato finemente, ma solo all’ultimomomento, perché non perda il suo caratteristico aroma. Lasciate cuocere altri cinque minuti senza coprire e spegnete il fuoco. Nel frattempo avrete messo a cuocere in
 – un’altra – pentola capiente, in abbondante acqua salata, i bucatini. Scolateli quando sono ancora al dente e versateli nella padella col sugo, date una spolverata di zafferano.
Per finire, dopo aver mescolato energicamente, si uniscano le sarde con delicatezza, avendo cura di non farle sbriciolare troppo, e si serva caldo».

Frittura di Fragaglia

MieleUn profumo che inebria il naso e un gusto che rallegra le papille.
Hai fatto il pesce fritto?
Sì, ma due giorni fa!
A chi, tra coloro che si sono approcciati  a questa preparazione, non è mai capitato? Forse solo a chi frigge all’aperto, ma anche i questo caso state certi che i vicini lo verranno a sapere.
Come dice la Zia:
«La preparazione avvolgerà l’ambiente di effluvi che persisteranno, per più giorni: è quanto di più invadente e prepotente si possa immaginare.
Per evitare questo spiacevole inconveniente basta preparare la pietanza servendosi di un fornello all’aperto, posto possibilmente in terrazza con vista mare, nei giorni in cui spira la brezza di terra, cosicché i fumi siano dispersi verso l’esterno della casa provocando un’improvvisa, invidiosa, epidemia di ipersalivazione in quanti si apprestino a transitare per le vie del circondario
».
L’odore sarà forte e persistente, ma l’appagamento delle papille sarà assicurato dal sapore deciso della crosticina esterna e dalla delicatezza delle carni avvolte da questa.
La Zia ci ricorda che «La fritturina è una delle tipiche preparazioni che permettono di consumare tutto il pescato, anche quello così piccolo da dover essere mangiato per intero. Si utilizzano piccole triglie, sardine, mascolini, e tutti i pescetti più piccoli a disposizione, ai quali si aggiungono polipetti, seppioline, calamaretti e piccoli scampi».
Per l’appunto la fragaglia è l’insieme di i giovani pesci, di una sola o di diverse specie, adatto soprattutto per fritture.
Frittura di Fragaglia
Cosa occorre:
  • 1,5 kg pesce misto di piccolo taglio, polipetti, seppioline, calamaretti e piccoli scampi
  • Farina bianca e gialla q.b.
  • Olio extravergine d’oliva q.b.
«Si lavino con cura tutti i pesciolini privandoli delle interiora, si puliscano bene gli scampi privandoli del filo nero intestinale, si stacchino teste, occhi e becchi ai molluschi utilizzabili. Poi si lavino ancora e si mettano a gocciolare in un colino, tagliandoli a piccoli pezzi. Si riempia per un quarto, un grande e robusto sacchetto di carta con farina bianca e gialla mischiata insieme a setaccio. Si introducano i pezzi di pesce di tutti i tipi e si agitino bene, dentro il sacchetto chiuso accuratamente. Si faccia scaldare dell’olio d’oliva extravergine in una larga e profonda padella e vi si gettino i pezzi infarinati senza sovrapporli, si lascino friggere per due minuti da un lato e due minuti dall’altro. Si estraggano dall’olio con la schiumarola e si asciughino tamponandoli delicatamente con la carta da cucina, si cospargano di sale fino e prezzemolo trito, direttamente nel piatto di portata».
Per quanto riguarda la presentazione del piatto, la Zia, ci consiglia di «guarnirlo con un cerchio di rondelle di limone» e aggiunge di servirlo «caldissimo accompagnato a un vino bianco, giovane e fresco».