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domenica 29 maggio 2011

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Fontane Bianche e Siracusa

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Fontane Bianche e Siracusa: "Fontane Bianche, che rappresenta oggi il luogo ideale per una vacanza riposante dove si ritrovano i propri ritmi naturali lontano dalla cao..."

Fontane Bianche e Siracusa


Fontane Bianche, che rappresenta oggi il luogo ideale per una vacanza riposante dove si ritrovano i propri ritmi naturali lontano dalla caotica realtà di tutti i giorni, offre ampie scogliere dalle quali immergersi alla scoperta del mondo sottomarino, e splendide spiagge libere dove poter giocare o prendere il sole, o magari attendere fino a tardi per un affascinante bagno di mezzanotte. E dopo un susseguirsi di calette, spiagge di sabbia finissima e alte falesie, il nostro viaggio continua verso la vicina Cava Grande del Cassibile: un canyon naturale che scorre dagli Iblei alla costa. La cava, grazie alla sua particolare bellezza e alla elevata presenza di svariate grotte, alcune delle quali costellate da sorgenti d"acqua dolce, costituisce oggi una Riserva protetta ricca di un fascino tutto naturale. Ma la vicinanza a Siracusa fa sì che sia imperdibile una vista alla città che ha avuto ed ha un ruolo di primo piano nel Mediterraneo, anche, e soprattutto, attraverso il recupero e la valorizzazione dei segni del passato. Che non è solo Magna Grecia, ma anche architetture sveve e barocche, liberty e moderne. Un fermento di rinascita percorre Ortigia, la parte più antica dell"insediamento urbano, lì dove popoli preistorici si insediarono ben prima dei Greci. Sull"isoletta si passeggia pian piano, a piedi, col naso all"insù per ammirare le volute di pietra e i balconi di ferro battuto dei palazzi barocchi, ma lasciando vagare lo sguardo anche sul mare, che s"apre alla vista di quando in quando, scintillante come uno specchio. Si visitano il castello Maniace e il miqwe ebraico (vasche per bagni di purificazione) più antico d"Europa e si sosta presso la fonte Aretusa, che secondo la leggenda altro non è che una ninfa trasformata in fonte per sfuggire a un pretendente troppo focoso. Si fa pure il bagno, approfittando delle scalette che dai bastioni discendono fino alla superficie del mare e si prende il sole, comodamente sdraiati sui solarium protesi sul mare. Da Ortigia si parte, con i gozzi in legno, per andare a visitare le grotte della penisola della Maddalena, la cui estremità da qualche tempo è sottoposta ai vincoli dell"Area Marina Protetta del Plemmirio, dove si possono fare immersioni subacquee e snorkelling alla scoperta di fondali splendidi. E poco fuori le mura di Ortigia la Neapoli, con l"imponente teatro greco che ogni anno ospita rappresentazioni classiche, festival e spettacoli di musica e danza, l"ara di Ierone, le latomie con ilfamoso "Orecchio di Dionisio"

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Aci Trezza e la Riviera dei Ciclopi

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Aci Trezza e la Riviera dei Ciclopi: "Innamoratosi della splendida contrada poco distante da Catania, nel 1672, Don Stefano della Casa Reggio, Principe di Campofiorito,acquistò u..."

Aci Trezza e la Riviera dei Ciclopi

Aci trezzaInnamoratosi della splendida contrada poco distante da Catania, nel 1672, Don Stefano della Casa Reggio, Principe di Campofiorito,acquistò un feudo che si estendeva dal bosco di Aci sino alla spiaggetta antistante i faraglioni. Il principe si dà subito da fare affinché su questo incantevole luogo nasca un vero e proprio paese. E oggi quel nucleo di pescatori è proprio qui, immutato nel fascino che stregò quel nobile signore più di trecento anni fa. Luogo che attira ogni anno molti turisti da tutta Europa, per le spiaggette selvagge di rocce, di sabbia grossa e ciotoli che si sposano ad un mare pulito e cristallino, che gioca con le infinite sfumature del verde e del blu più intenso, in un carosello continuo di rifrazioni e di richiami alla natura circostante.
L'antico borgo marinaro di Aci Trezza è conosciuto più suggestivamente anche come Riviera dei Ciclopi. Il nome si rifà all'episodio narrato nell'ODISSEA in cui Ulisse, catturato da Polifemo, riesce a scappare dopo averlo accecato. Polifemo, ormai cieco, scaglia contro la nave dell'eroe greco tre massi, quelli che il Verga ne I MALAVOGLIA chiama Faraglioni, e altrimenti noti come Scogli dei Ciclopi. Oggi tutta l'area costituisce una bellissima Riserva Naturale Orientata e un'Area Marina Protetta nella quale trovano dimora diverse specie animali, alcune delle quali endemiche (Lacerta) e presenti solo sullo scoglio più grande, detto Isola Lachea. Oltre Lachea, si ricordano la Longa, il Faraglione grande, quello di Mezzo e il Faraglione Piccolo e, posti come briciole fra questi ultimi due, gli Scogli du Zu' Ianu (cioè Scogli di Zio Iano) rispettivamente chiamati du Zu' Ianu di terra e du Zu' Ianu di fora (di fuori), detti così a seconda di dove si metteva a pescare con la sua barchetta un certo Sebastiano Greco agli inizi del secolo scorso. Oggi, affollatissima di giovani, Aci Trezza si trasforma di notte in una grande giostra di colori, luci, musica e tanto, tanto cibo prelibato. Si trovano locali per tutti i gusti, dalle paninerie e birrerie, ai bar, ristoranti, trattorie e disco pub, dalle gelaterie e pizzerie a tanto altro. Dopo una notte trezzese piena e divertente, per chi avesse ancora voglia di attardarsi fuori, il mercato del pesce è l'ultimo spettacolo prima di andare a letto, se si eccettua la visione del sorgere del sole da dietro i suggestivi faraglioni: uno spettacolo unico al mondo.

Taormina e Giardini Naxos

Taormina e Giardini NaxosProvenendo da Messina, dopo Letojanni, cittadina con spiagge splendide frequentate da moltissimi turisti, si arriva in una zona rivierasca tra le più belle e famose del mondo. Ecco Taormina Mare con Spisone, Mazzarò, Capo Sant'Andrea, Capo Taormina. Roccia, ghiaia e sabbia sono incorniciate dalla tipica vegetazione mediterranea, mentre ampie insenature si susseguono disegnando curve che modellano la riviera.

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Lampedusa: un po' di geografia...un isola verament...

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Lampedusa: un po' di geografia...un isola verament...: "L'isola dista 61 km dalla costa tunisina e 116 km da quella italiana; estendendosi su circa 20 km quadrati ha un perimetro di 18 miglia, u..."

Lampedusa: un po' di geografia...un isola veramente stupenda!


L'isola dista 61 km dalla costa tunisina e 116 km da quella italiana; estendendosi su circa 20 km quadrati ha un perimetro di 18 miglia, una lunghezza di 15 km, una larghezza di 3,5 km, e raggiunge un'altezza massima di 133 metri, con il monte Albero Sole. Con le isole minori, Linosa e Lampione, costituisce l'arcipelago delle Pelagie, le antiche Pelaghie, o "isole d'alto mare", schegge di terra africana espulse dal Mediterraneo. Lampedusa si presenta come un piatto tavolato piuttosto arido. L'isola, di natura calcarea, è poggiata su una piattaforma che, fino alla costa tunisina non supera i 100 metri di profondità. Essendo scarse le acque sorgive, sovente, ci si serve dei dissalatori, per risparmiare le riserve idriche.  Tutta la bellezza delle acque cristalline compensa il paesaggio essenziale, nei fondali si può ammirare una fauna di tipo tropicale. con pesci che, nel Mediterraneo, costituiscono una vera e propria rarità; oltre a cernie e sgombri, si annoverano pesci pappagallo e pesci balestra. Per i subacquei il periodo più propizio per ammirare questi esemplari è quando l'acqua è limpida e i pesci non rifuggono il contatto con l'uomo. L'isola conta 5015 abitanti detti "lampedusani".

LE ISOLE PELAGIE COMPRENDONO LAMPEDUSA E LINOSA!

LINOSA!
L'isola geologicamente è strutturata in modo diverso da Lampedusa. I suoi tre crateri Monte Rosso, Monte Nero e Monte Vulcano, sono testimoni della sua origine vulcanica e sono sparsi sui 5,5 km quadrati di superficie. La conformazione geografica dell'isola è estremamente varia: coste basse, una sola spiaggia ben riparata dai venti, pianori interni e molti tratti al di sotto del livello del mare. Si crede che Linosa e Pantelleria possano essere collegate, a 50 metri di profondità, da una antica colata lavica. Linosa possiede dei fondali molto profondi, 300 metri circa a poca distanza dalla costa, ed il suo mare è particolarmente pescoso, mentre il terreno, privo di acque sorgive, risulta ricoperto da una fitta e varia vegetazione mediterranea. Le tartarughe Caretta-Caretta hanno scelto le sue spiaggette, per depositarvi le uova, e gli uccelli migratori sovente vi fanno sosta. Talvolta, a mare, si avvistano anche i barracuda ed il trigone Dasyatis, che misura 2 metri per 3 metri. Questa isoletta dipende dalla provincia di Agrigento e conta 457 abitanti (linosiani); dista da Porto Empedocle 71 miglia e 23 da Lampedusa. È un'isola minuscola, ma di estremo fascino che, alla vista, appare evidenziata dai colori vulcanici e dalla policromia delle sue caratteristiche case. All'arrivo i turisti rimangono colpiti soprattutto dalle finestre e porte pitturate in tonalità accese che creano un ambiente quasi messicano. I linosiani sono molto gentili verso i turisti e cercano di far trascorrere loro una vacanza indimenticabile, tra la semplicità dei costumi e le squisitezze della loro tavola, senza dimenticare la possibilità di godere di un mare veramente cristallino.

Favignana

La maggiore delle isole Egadi, è anche quella dotata delle migliori strutture ricettive. Il piccolo paese, tutto raccolto intorno al porto, conserva ancora qualche costruzione di un certo valore, come la palazzina dei Florio e alcune chiesette barocche. Il suo nome è indissolubilmente legato alla mattanza. Qui si trova infatti la più grande tonnara del Mediterraneo, la quale, decisiva per l'economia isolana per diversi secoli, è oggi in fase di ripresa. Interamente percorribile in bicicletta senza difficoltà essendo piuttosto pianeggiante I'isola è costituita in buona parte da roccia tufacea, usata per le costruzioni da tempo immemorabile. Lungo i viottoli si aprono profonde cave, in parte scavate dall'uomo, in parte causate da sprofondamenti della roccia friabile, circondate e ricoperte da bassi cespugli. Le sue coste ricche di anfratti,calette e grotte, sono lambite da un mare turchese e limpido dagli splendidi riflessi.   Le località balneari più conosciute dell'isola sono le spiagge di Cala Azzurra e Lido Burrone e le cale rocciose di Cala Rossa e Cala del bue marino. Queste ultime sono ricche di pietra di tufo ed è possibile addentrarsi negli anfratti scavati nelle cave. 

Levanzo

E' una piccola isola con una superficie di appena   10 km quadrati e forse anche in questo consiste il suo  fascino. I primi insediamenti umani risalgono al paleolitico, com'è testimoniato dai graffiti che si possono ammirare nella Grotta del Genovese. Questa splendida grotta è stata scoperta casualmente nel 1949 da Francesca Minellono, pittrice fioretina alla ricerca di paesaggi per le sue tele.  Le incisioni , risalenti a 15.000 anni fa raffigurano cervi, equini, bovini, tonni, delfini e figure umane, ricordano quelli spagnoli di Altamura.  Molti tesori archeologici che risalgono alle guerre puniche sono stati ritrovati anche nel mare che circonda l'isola. Levanzo si offre, specie nei mesi di giugno e settembre,  con semplicità al turismo   "essenziale" , a coloro che amano il suo splendido mare e la tranquillità.

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Marettimo

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Marettimo: "Marettimo, la più lontana dalla costa siciliana, è forse proprio per questo la più incontaminata, ma anche la più diversa. Montuosa, a diffe..."

Marettimo

Marettimo, la più lontana dalla costa siciliana, è forse proprio per questo la più incontaminata, ma anche la più diversa. Montuosa, a differenza delle altre due, nasconde nelle viscere delle sue grotte sorgenti d'acqua dolce ed è ricoperta di una spontanea ed incredibile vegetazione, rigogliosa ed in parte costituita da piante rarissime ed uniche. Nel minuscolo paese bianco si può alloggiare nelle case dei pescatori, dai quali si può anche affittare una barca per compiere il periplo dell'isola, l'escursione in assoluto più interessante (ciò vale anche per le altre isole), poiché consente di scoprire facilmente le bellezze più inaccessibili della costa, fra le quali, soprattutto, le grotte. Tra queste meritano un accenno quella del Cammello, della Bombarda e del Presepe, dai colori stupendi e ineguagliabili.

Le Isole Egadi

Questo piccolo arcipelago si sviluppa nel mare antistante Trapani  e Marsala, è formato de tre isole più grandi come Favignana, Levanzo e Marettimo e l'isolotto di Formica. Le isole Egadi, situate vicino alla costa siciliana, offrono ai visitatori un viaggio basato sulla semplicità, semplicità ascrivibile alla serenità e alla pace della campagna trapanese. Le Egadi possono essere raggiunte facilmente tramite traghetti o aliscafi (20 min. per raggiungere Favignana tramite aliscafo, un ora per raggiungere Marettimo). Tra le strutture ricettive possiamo citare: hotel per i turisti più esigenti, bed&breakfast e appartamenti privati in affitto oltre a camping. Le isole denotano personalità differenti, Favignana è alquanto confortevole "formato famiglia", Levanzo è dotata di un fascino particolare, denotato dal suo leggero minimalismo e Marettimo è consigliata ai turisti che amano il trekking. Queste tre isole sono connesse da una soddisfacente concordanza con la natura mediterranea.

Riserve e Aree protette della sicilia

Parchi riserve ed aree protetteSono 77 le perle verdi della Sicilia, riserve naturali dove il paesaggio mediterraneo, sia esso collinare, palustre o montano, è stato in minima parte manomesso dall'uomo e dalle sue attività. Vere oasi di bellezza aperte alla fruizione dei turisti 365 giorni all'anno grazie al sistema della gestione affidata ad enti pubblici - come l'Azienda Foreste Demaniali che ad esempio gestisce il Bosco di Malabotta (Messina), Province o Comuni come la Provincia di Ragusa che gestisce la riserva del fiume Irminio - o associazioni ambientaliste - come Legambiente, Italia Nostra e WWF, che gestisce la riserva di Capo Rama a Terrasini (Palermo). Le prime ad essere istituite hanno fatto la storia dell'ambientalismo siciliano. Ecco allora che si parla dello Zingaro, con la sua linea di costa selvaggia e la rara vegetazione mediterranea di palma nana, l'antica tonnara ed i faraglioni. Oggi le riserve siciliane sono veri laboratori naturali dove la tutela della flora, della fauna, del paesaggio archeologico ed antropico si coniuga con attività didattica e di sperimentazione. Valga l'esempio dell'Isola dei Conigli di Lampedusa nell'arcipelago delle Pelagie (Agrigento), dove ogni estate si organizzano i campi di salvaguardia delle tartaruga Caretta Caretta che sulla sabbia candida è tornata a depositare le uova. A Pantelleria (Trapani) da alcuni anni - oltre a tutelare i siti archeologici e le tipiche abitazioni (i dammusi) - è tornato l'asino pantesco, praticamente estinto ma 'riassemblato' grazie al lavoro dei ricercatori; mentre a Vendicari - nei pressi di Noto (Siracusa) - continuano a svernare gli uccelli esotici che sostano indisturbati in questo habitat tra acqua dolce, vegetazione lacustre e mare mentre si muovono sulle rotte per l'Africa. Unica per l'impatto paesaggistico e per le dimensioni della necropoli (più di 5000 tombe), è la riserva di Pantalica nella valle dell'Anapo (Siracusa). Il fiume ha scavato nei secoli il suo letto nel calcare degli altipiani Iblei, aprendo profondi canyon in mezzo ad una selvaggia vegetazione fluviale. Ed ancora straordinarie sono la riserva dello Stagnone a Marsala (Trapani) e la riserva di Trapani e Paceco in cui saline, mulini a vento e natura si coniugano in un susseguirsi di colori e scenari che, soprattutto al tramonto, lasciano a bocca aperta.

Anelletti al forno.BUON PRANZO A TUTTI!

Gli anelletti rappresentano la tipica pasta a forma di anello fatta al forno, è un piatto unico di cui si compone la tradizione culinaria siciliana. Questo piatto è una tradizione tipicamente palermitana.
Ingredienti : 500 g. di anelletti - 200 g. carne tritata (vitello) - 100 g. carne tritata (maiale) - 200 g. di caciocavallo grattugiato - 100 g. Primosale - 200 g. estratto pomodoro - 100 g. di pangrattato - 1 cipolla - un bicchiere vino rosso - olio - sale.
Preparazione: Soffriggere la cipolla tritata,  aggiungere il tritato di maiale e di manzo, sfumando con un bicchiere di vino rosso. Soffriggere per alcuni minuti quindi aggiungere dell'estratto di pomodoro, allungando il composto con mezzo litro d'acqua, aggiungere il sale e cuocere a fuoco basso per mezz'ora. Cucinare gli anelletti, condirli con il sugo. Ungere una teglia con dell'olio ed aggiungere una spolverata di pangrattato. Versare la pasta nella teglia aggiungere il caciocavallo grattugiato e del primosale a pezzetti; spolverare  con dell'altro pangrattato in superficie, un filo d'olio  ed infornare per una ventina di minuti.

sabato 28 maggio 2011

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Arancine,buonissime!

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Arancine,buonissime!: "Arancine di Riso alla palermitana L'arancina nasce da un antico piatto appartenente alla cucina araba a base di riso, di zafferano profuma..."

Arancine,buonissime!

Arancine di Riso alla palermitana
L'arancina nasce da un antico piatto appartenente alla cucina araba a base di  riso, di zafferano profumato, arricchito con verdure, e pezzetti di carne. In passato la pietanza era posta al centro della tavola su un  vassoio e ciascun commensale ne prendeva con le mani. Successivamente per consentirne un agile trasporto, gli arabi la trasformarono nella forma attuale impanandola e friggendola in modo che acquistasse maggiore consistenza. L'arancina assunse la forma di una palla, la sua forma e le dimensioni richiamavano quelle di una arancia. Questo cambiamento la rese più resistente al trasporto. Le arancine a Palermo hanno una forma rotonda, mentre nella porzione orientale della Sicilia hanno forma allungata e vengono denominate arancini. 


Arancine di riso con carne
dosi  per 20-22  arancine:
Ingredienti: 1,3 kg. di riso (oggi può essere acquistato anche il riso per arancine e sformati). Tre litri circa di brodo vegetale o brodo di carne. 100 grammi di burro 1 cipolla 2 bustine di zafferano 250 grammi di parmigiano 200 grammi di primosale o scamorza tagliati a dadini Olio di semi di mais Pangrattato
Preparazione del risotto: Preparare il risotto circa undici ore prima che le arancine vengano realizzate. Preparare il brodo in cui andare a porre lo zafferano. Cuocere la cipolla senza fare imbiondire, aggiungere il riso aggiungere il brodo caldo e mescolare, portare il riso a cottura, spegnere il fuoco e aggiungendo del parmigiano grattugiato si procede col versarlo in un piatto grande e aspettando che si raffreddi. 
Per il ragù di carne:
400 grammi tritato di carne di manzo, 100 grammi concentrato di pomodoro, 50 grammi di parmigiano sale e pepe, 1 cipolla, 200 grammi di piselli, olio extra vergine d'oliva, mezzo bicchiere di vino bianco.
Preparazione del ragù di carne: Dopo aver soffritto la cipolla aggiungere il tritato andando a sfumare con il vino. Aggiungere del sale e del pepe una volta che la cottura viene ultimata, si va ad aggiungere del parmigiano. Cucinare i piselli ed andare ad aggiungeli al ragù freddo.
Preparazione: Disporre un cucchiaio di riso nel palmo di una mano, aggiungere un cucchiaio di ragù, e successivamente un cubetto di scamorza o di primosale. Sovrapporre un altro cucchiaio di riso a ricoprire la porzione di ragù di carne precedente. Compattare l'arancina e passarla sul pangrattato. Una volta preparate le arancine si soffriggono fino a raggiungere la doratura  in una padella contenente olio bollente.

Arancine di riso al burro Una variante dell'arancina tradizionale è l'arancina detta "al burro" (ma in realtà ripena di formagio e prosciutto) che è caratterizzata da una forma allungata in modo da contraddistinguerla da quella ripiena di carne. Per preparare l'arancina al burro il procedimento è identico, il ripieno è diverso da quello dell'arancina di riso con carne. Il ripieno della variante al burro viene realizzato attraverso l'uso dei seguenti ingredienti:  300 grammi di prosciutto cotto 500 grammi di mozzarella a dadini 100 grammi di burro 30 grammi di parmigiano.

sicilian heart(CUORE SICILIANO): la gastronomia siciliana

sicilian heart(CUORE SICILIANO): la gastronomia siciliana: "'Banchettano come se dovessero morir domani, e invece costruiscono come se non dovessero morire mai'. Lo ha detto Diogene a proposito dei Me..."

la gastronomia siciliana

Sicilia a tavola"Banchettano come se dovessero morir domani, e invece costruiscono come se non dovessero morire mai". Lo ha detto Diogene a proposito dei Megaresi, ma è un modo di dire che, nel lontano V secolo a.C., era stato preso in prestito anche dai Greci che giungevano in quel di Siracusa a conoscere gli antichi abitanti di Sicilia, isola che ha dato i natali a Epicarpo da Siracusa, che nel 485 a.C. fu il primo a scrivere sull'arte della cucina; a Ladbaco, che nel 380 a.C. circa istituì la prima scuola alberghiera; a Terpsione, che negli stessi anni approfondiva quella che sarebbe stata chiamata scienza dell'alimentazione; ad Archestrato, che dal 320 a.C. organizzava pranzetti per i vip greci; e a Procopio de' Coltelli che nel XVII secolo esportò in Francia la tradizione tutta siciliana dei sorbetti ghiacciati, di origine araba, diventati famosi con il nome di gelati. Insomma, parlare di gastronomia in Sicilia significa discutere dello stesso dna siciliano, che ancora oggi ha nella "mangiata" (un pranzo che dura un pomeriggio intero con tutta la famiglia riunita) una fede assoluta. Quindi, ci si può lanciare in uno di questi pranzi luculliani, cercando di illustrare così alcuni piatti caratteristici. Tanto per aprire l'appetito, a mo' di antipasti, ecco cardi e carciofi passati in pastella e fritti, gli insaccati (il salame di Chiaramonte Gulfi o quello di Sant'Angelo di Brolo è quello che vi consigliamo), le olive "acciurate", ossia annegate nell'olio extravergine d'oliva insieme con odori tipici, e la caponata, una ricetta a base di melanzane. Immancabile il piatto di panelle, cotolette di farina di ceci incredibilmente gustose con una spruzzata di limone. E poi i formaggi, dal caciocavallo al maiorchino, dall'ericino al piacentino e al fiore sicano... Passiamo alla pasta. Prima tra tutti, la pasta al forno, ossia uno sformato di anelletti infarciti da tutto quello che detta la fantasia della cuoca: sugo, carne macinata, melanzane, formaggio a pasta filante, salame... Per i palati più delicati c'è sempre la pasta con le sarde, deliziosa. In estate è assolutamente imperdibile la pasta con i tenerumi, ovvero i germogli della pianta di zucchine lunghe. Semplice come la pasta alla trapanese, ovvero con il pomodoro crudo e l'aglio, o come la pasta alla 'Norma' con il sugo e le melanzane fritte. Passiamo al secondo, ovvero pesce in tutte le salse (in genere cucinato al forno o alla brace) come il pesce spada, il tonno, le spigole etc. senza dimenticare le sarde a beccafico, involtini di sarde ripieni di pangrattato, pinoli, uva sultanina; oppure ' e qui si passa alla carne ' la gustosissima salsiccia, fritta o cotta alla brace, la carne di castrato, tradizionale per il lunedì di Pasqua insieme con il capretto. Sull'uso della carne imperdibile la pasta con i tenerumi, ovvero i germogli della pianta di zucchine lunghe. Semplice come la pasta alla trapanese, ovvero con il pomodoro crudo e l'aglio, o come la pasta alla 'Norma' con il sugo e le melanzane fritte. Passiamo al secondo, ovvero pesce in tutte le salse (in genere cucinato al forno o alla brace) come il pesce spada, il tonno, le spigole etc. senza dimenticare le sarde a beccafico, involtini di sarde ripieni di pangrattato, pinoli, uva sultanina; oppure ' e qui si passa alla carne ' la gustosissima salsiccia, fritta o cotta alla brace, la carne di castrato, tradizionale per il lunedì di Pasqua insieme con il capretto. Sull'uso della carne imperdibile la pasta con i tenerumi, ovvero i germogli della pianta di zucchine lunghe. Semplice come la pasta alla trapanese, ovvero con il pomodoro crudo e l'aglio, o come la pasta alla 'Norma' con il sugo e le melanzane fritte. Passiamo al secondo, ovvero pesce in tutte le salse (in genere cucinato al forno o alla brace) come il pesce spada, il tonno, le spigole etc. senza dimenticare le sarde a beccafico, involtini di sarde ripieni di pangrattato, pinoli, uva sultanina; oppure ' e qui si passa alla carne ' la gustosissima salsiccia, fritta o cotta alla brace, la carne di castrato, tradizionale per il lunedì di Pasqua insieme con il capretto. Sull'uso della carne di maiale si potrebbero scrivere enciclopedie. Come contorno, la classica insalata: pomodoro, finocchio, cipolla, lattuga... e chi più ne ha più ne metta. Ovviamente a tutto si accompagna il pane, quello cotto in forno a legna, che ha un profumo inconfondibile. Dopo la frutta, il dolce. C'è la cassata, è vero, ma ci sono anche altri capolavori come i buccellati a base di marmellata di fichi, la frutta martorana a base di zucchero e farina di mandorle, i cuddureddi, dolcetti al ripieno di miele o di ricotta o di frutta candita, i dolcetti alle mandorle o le reginelle, biscotti ricoperti di sesamo. Su tutti, i cannoli, presenti in tutta l'Isola.

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Parco fluviale dell'Alcantara

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Parco fluviale dell'Alcantara: "Il fascino, la suggestione, il richiamo delle 'Gole', famose in tutto il mondo. Circa 50 km di asta fluviale, con aspetti naturalistici unic..."

Parco fluviale dell'Alcantara

Parchi riserve ed aree protetteIl fascino, la suggestione, il richiamo delle "Gole", famose in tutto il mondo. Circa 50 km di asta fluviale, con aspetti naturalistici unici e inconsueti. Eventi geologici e geotermici di notevole intensità hanno determinato la struttura degli attuali basalti. Sembra che in epoca preistorica un fiume scorresse su sedimenti argillosi; poi enormi eruzioni vulcaniche incanalarono nel letto di quel fiume un magma fluido, che sprofondò nei tratti più argillosi, determinando gli attuali colonnati basaltici. L'apoteosi di queste spettacolari sculture della natura, si ha in contrada Larderia del Comune di Motta Camastra.

sicilian heart(CUORE SICILIANO): I grandi parchi siciliani

sicilian heart(CUORE SICILIANO): I grandi parchi siciliani: "I parchi regionali sono oggi una realtà efficiente sia per la protezione di delicatissimi ecosistemi, sia per la valorizzazione turistica, s..."

I grandi parchi siciliani

I parchi regionali sono oggi una realtà efficiente sia per la protezione di delicatissimi ecosistemi, sia per la valorizzazione turistica, sportiva e didattica delle aree montane. Quelli siciliani sono quattro in ordine di istituzione: il Parco dell'Etna (Catania), delle Madonie (Palermo), quello dei Nebrodi (Catania, Enna e Messina) e, ultimo nato, il Parco Fluviale dell'Alcantara (Messina e Catania). Quest'ultimo è di certo un sistema naturale di bellezza quasi primitiva, dove il paesaggio è modellato dall'incontro tra acqua e fuoco, con il fiume che scava ed incontra la lava bollente, creando grandi architetture di pietra: gole, pareti levigate, salti d'acqua, blocchi di pietra lisci e squadrati. Se l'Alcantara è caratterizzato dalla vegetazione fluviale (con il platano orientale ed il salice bianco, specie endemiche che lungo le rive, a pochi metri dall'acqua, si mischiano agli agrumi ed ai fichidindia), il Parco dell'Etna, con la sua orografia segnata dalle eruzioni laviche, è un vero giardino botanico. Il grande vulcano attivo - con i suoi 3.300 metri è il più alto d'Europa - presenta il versante nord ricoperto da una spessa coltre di neve per gran parte dell'inverno, e le grandi foreste di betulle o faggi dipingono un insolito paesaggio nordico a poca distanza dal mare.
Il Parco dei Nebrodi si snoda lungo la costa tirrenica, abbracciando la Sicilia verdissima dagli spazi immensi, con estesi boschi e foreste dove resistono tradizioni antichissime legate al lavoro della terra, alla tessitura, all'allevamento e all'uso di culture tramandate da pastori, carbonai, allevatori di cavalli, artigiani della ceramica.
Le Madonie costituiscono un vero microcosmo naturale dove sono rappresentate tutte le specie vegetali del Mediterraneo, con esemplari altrove scomparsi, relitti botanici dell'ultima glaciazione come l'Abies nebrodensis, in un ambiente di straordinaria bellezza punteggiato da rare orchidee selvatiche. Tra le rarità protette figurano anche 90 specie di farfalle, alcune endemiche. In area parco ricadono diversi borghi medievali che offrono al visitatore un patrimonio storico-artistico di inestimabile valore

San Vito Lo Capo

foto Porto San Vito Lo CapoIl borgo, di tradizione marinara con poco più di 3.000 abitanti, si è sviluppato intorno all'antica fortezza saracena, in seguito trasformata in santuario dedicato a San Vito. Oggi l'attività principale è il turismo. Le sue viuzze ornate di fiori, il pesce fresco, i profumi intensi e i suoi panorami caraibici vi offriranno una vacanza indimenticabile, proprio come la sua cucina, con il couscous a far da primo e l'originale caldofreddo da dessert. Eh sì! Perché chi viene a San Vito lo fa soprattutto per il suo mare e la sua spiaggia: quasi tre chilometri di sabbia dorata, bella da fare invidia ai più rinomati paradisi dei mari del sud. Arrivando in paese dall'unica strada di accesso, si vede il mare ancora prima di incrociare le prime case. Un altro chilometro e si arriva dritti filati al cospetto di un mare cristallino al quale si accede attraversando un tappeto di sabbia pulita. Consigliare un particolare tratto di spiaggia ai bagnanti è impossibile, l'uno vale l'altro, e tutti sono incantevoli. Il fondale marino degrada dolcemente verso il largo e le correnti non lambiscono minimamente questa zona, che dunque è particolarmente indicata anche per chi non è nuotatore provetto e per i più piccoli. Chi invece preferisce gli scogli alla sabbia ha solo l'imbarazzo della scelta: a levante (splendida la Tonnara del Secco) come a ponente le possibilità di fare me ravigliosi bagni e di godere nel contempo di un paesaggio splendido sono innumerevoli. Il lungomare consente di passeggiare a pochi metri dalla battigia della spiaggia e così anche la strada che porta all'altissimo faro - 40 metri e un raggio di oltre venti miglia - dopo aver superato i due moli del porto. Una strada panoramica attraversa l'altopiano offrendo alla vista lo splendido paese e il suo golfo.
Per chi ama, poi, le passeggiate a cavallo o il trekking c'è solo da scegliere tra l'infinita serie di maneggi e di accompagnatori esperti che assicurano rilassanti cavalcate per la campagna invasa dal sole e dalle margherite, mentre le pendici dei rilievi e i sentieri che portano fin sopra Monte Monaco sono ottime occasioni per escursioni a piedi accessibili anche a chi non ha fisico e polmoni d'atleta. L'ascensione del Monte Monaco (532 metri) è una esperienza interessantissima per la possibilità di incontrare tanti esemplari di flora endemica e,infine, di godere di un paesaggio bellissimo con lo sguardo che può spaziare sui golfi di Cofano, San Vito e Castellammare, fino a scorgere nelle giornate più limpide l'isola di Ustica.

Capo d'Orlando e costa Saracena

foto Capo d'OrlandoIl mare è il comune denominatore che a Capo d'Orlando riunisce le realtà patrizie della Villa di Bagnoli, i ritrovamenti delle Cave di Mercadante, quello che emerge dai recuperi lungo la via Libertà, di fornaci e depositi, fino ai culti dionisiaci e alle leggende tramandate attraverso i canti dei pescatori che ricordano le incursioni saracene, passando attraverso l'epopea dei Tomasi di Lampedusa. Un percorso suggestivo eternamente presente nella realtà sempre più turistica del paese. Un mare incontaminato, ricco di piccoli tesori, capace di regalare, tra saraghi, spigole e "pettini", resti di antiche vestigia. Un mare che abbraccia e che si lascia amare come la gente di questi luoghi, che evoca il fascino dei tempi andati, ma che esige rispetto. E in effetti Capo d'Orlando è una cittadina "a misura di viaggiatore". Perché sa offrire le gioie di un mare incontaminato e di un paesaggio rigoglioso, le sollecitazioni di una serie di appuntamenti con la cultura, lo sport, gli spettacoli, l'interesse per usanze e tradizioni che affondano le radici nel tempo. E, naturalmente, perché consente a chi ne fa la propria mèta di vacanza di godere di un'ospitalità cordiale e impeccabile. Ospitalità che ritroverete seguendo in tutta la sua lunghezza questo tratto di costa messinese che, proprio partendo dalla Baia di San Giorgio fino a giungere Capo Calavà, prende il nome suggestivo di Costa saracena: regno di antiche tonnare, di bellezze naturali e di arte. Chiunque voglia godere quindi di una Sicilia che si mostra in tutta la sua maestosità, senza rinunciare ai comfort di una vacanza di tutto riposo, troverà lungo la Costa Saracena, sotto lo sguardo complice delle Eolie che si stagliano all'orizzonte, spiagge immense e scogliere a pochi passi dal verde delle faggete dei Nebrodi, un mondo ricco di folklore e di tradizioni, ma anche di ottimi alberghi, villaggi turistici, campeggi, strutture congressuali, di - sco teche, centri commerciali, centri sportivi. Praticamente tutto! E infine una curiosità. Chiunque a Capo d'Orlando vi racconterà la storia di un giovane genovese, dagli occhiali con una vistosa montatura nera e dalla voce pacata, che qui scrisse una canzone intitolata SAPORE DI SALE: non solo una canzone, ma un inno all'amore per una donna o forse proprio per questo mare che rimane sulla pelle, che resta sulle labbra quando si esce dall'acqua per distendersi al sole.

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Tindari e Patti

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Tindari e Patti: "La città, che sorse sul punto più elevato del colle, venne chiamata Tyndaris in onore di Tindaro, mitico re messeno e padre dei Dioscuri Cas..."

Tindari e Patti

Tindari e PattiLa città, che sorse sul punto più elevato del colle, venne chiamata Tyndaris in onore di Tindaro, mitico re messeno e padre dei Dioscuri Castore e Polluce. Dalla sua fondazione partecipò a tutti gli accadimenti storici che coinvolsero la Sicilia, così da diventare una tra le città più forti e ricche di quelle terre. A causa di un cataclisma che fece precipitare a mare una parte dell'abitato, e della definitiva distruzione per opera degli Arabi, molti degli abitanti di Tindari dovettero lasciare le proprie case per migrare giù nella valle, sulle pendici di una bassa collinetta al di là del Timeto, dando così origine alla prima comunità della futura Epì Actèn, cioè sull'alta sponda, poi fonicamente contratto in Patti. La città di Patti sorge ufficialmente con la costruzione di un convento benedettino nel 1094 per volere del conte normanno Ruggero d'Altavilla. Gli elementi storici e culturali della città sono notevoli, ma ci piace soffermarci soprattutto sugli aspetti marinari della zona, ad esempio su Capo Tindari e sulla costa tirrenica che abbraccia la città. Tale zona consente di godere di bei paesaggi marini man mano che si procede verso la città, paesaggi costieri che abbracciano la zona che va da Capo Calavà alla penisola di Milazzo e che permettono anche la vista sulle Isole Eolie. Da non scordare, poi, Patti Marina, nota ai più per la presenza di una Villa Romana. Se poi, non sazi, volete ancora ammirare dei panorami costieri davvero unici, a ridosso del promontorio troverete Marinello: una serie di strani ed invitanti laghetti (dalle limpide acque, ove il mare è perennemente calmo e la sabbia delle spiagge è soffice e vellutata) che il dinamismo del mare cambia di continuo, specie quando sull'arenile si abbattono violente le mareggiate. Circa la particolarità di questo tratto di costa una leggenda racconta che una ricca signora, venuta da un lontano paese con una bambina per adorare la Vergine del santuario di Tindari, rimase delusa quando vide che l'effigie aveva il volto scuro di un'etiope. Adempiuto a malincuore il voto, uscì sulla terrazza dove espresse il suo sdegno. Appena proferita l'irriverente invettiva, la bambina che aveva in braccio cadde nel vuoto, ma in quello stesso istante il mare si ritrasse lasciando affiorare un breve tratto di spiaggia arenosa su cui fu trovata la bambina sana e salva. E da quel giorno mai più il mare ricoperse il luogo in cui avvenne il miracolo.

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Pollina e Finale di Pollina

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Pollina e Finale di Pollina: "Ultimo avamposto della provincia palermitana, Pollina si affaccia su uno sperone roccioso a 730 metri sul livello del mare tra i Nebrodi e l..."

Pollina e Finale di Pollina

Pollina e Finale di PollinaUltimo avamposto della provincia palermitana, Pollina si affaccia su uno sperone roccioso a 730 metri sul livello del mare tra i Nebrodi e le Madonie, in una straordinaria posizione panoramica che getta uno sguardo su uno scenario magnifico: quello di una terra ricca di fascino, adornata di mille colori e impreziosita da una cucina squisita tra una costa varia e un mare trasparente e pulito.

Mondello e Capo Gallo

Foto golfo di Mondello
Già, proprio così. Perché in fondo Mondello è sempre la spiaggia per eccellenza dei palermitani: chiassosa e vitale, colorata, mondana, snob, popolare e tanto altro. Una spiaggia che riflette i contrasti della città a cui appartiene, che ne esalta gli aspetti più affascinanti e che ne sa raccontare la storia più recente anche se riesce ben presto a farci dimenticare di essere a pochi passi da una città con quasi un milione di abitanti.
Alla fine dell'Ottocento Palermo viveva un momento di grande floridezza economica. Nasceva il Liberty e contemporaneamente iniziava la bonifica della palude di Mondello e la sua trasformazione da piccolo borgo di pescatori a centro balneare. Furono costruiti molti villini e lo stabilimento balneare. Mondello entrava così a pieno titolo nel circuito dei luoghi di villeggiatura d'élite. La spiaggia, oggi, sia la parte libera che quella parzialmente occupata da file di colorate cabine e dall'imponente struttura liberty dello stabilimento balneare, conserva tuttavia un suo proprio fascino, coniugando uno scenario magnifico dai connotati quasi tropicali ad una vocazione sportiva testimoniata dai grandi successi internazionali ottenuti nel windsurf da alcuni atleti palermitani che proprio in questa spiaggia hanno imparato l'arte di domare il vento. Nei diversi lidi che risiedono nella zona di Valdesi (a est di Mondello) è possibile praticare quasi tutti gli sport del mare.
Nel borgo, poi, è possibile gustare la cucina da strada palermitana, dalle panelle allo sfincione, senza dimenticare la più 'vanitosa' pasta con le sarde.
Rispetto a Mondello 'il confronto è pressoché inevitabile proprio per la contiguità delle due coste' Capo Gallo è certamente un luogo più raccolto, più appartato e, soprattutto, mèta privilegiata per chi alla sabbia finissima preferisce gli scogli: corollario naturale ad un mare azzurrissimo, profondo e straordinariamente pulito. Chi ama il mare troverà lungo tutto il tratto litoraneo molti anfratti disseminati qua e là: molte rocce, ma anche strisce di ciotoli, angoli più o meno sabbiosi e decine e decine di piccole grotte, per lo più semisommerse, che si aprono prevalentemente in zona di marea lungo la costa Mazzone e che ospitano una fauna e una flora marina che altrove si riscontrano soltanto a profondità maggiori. Per le sue caratteristiche naturalistiche e paesaggistiche, Capo Gallo costituisce oggi una Riserva Naturale Orientata e un'Area Marina Protetta sita alle porte della città più grande della Sicilia: il luogo ideale per indimenticabili immersioni.

Come arrivare: Dalla città di Palermo, giungere a piazza dei Leoni e quindi immettersi nel Real Parco della Favorita percorrendo viale Diana che dopo 7/8 km porta direttamente a Mondello. Dal centro città circa 10 km. Dall'aeroporto di Palermo Falcone Borsellino autostrada A29 Mazara del Vallo-Palermo, direzione centro città, imboccare l'uscita Mondello. Dall'aeroporto circa 25 km.

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Cefalù

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Cefalù: "Grazie all'importanza strategica del luogo, protetto da un'imponente rocca, e alla fertilità del territorio, già in epoca primitiva esseri..."

Cefalù

Grazie all'importanza strategica del luogo, protetto da un'imponente rocca, 
e alla fertilità del territorio, già in epoca primitiva esseri umani si stanziarono 
nella zona di Cefalù. La loro presenza è testimoniata dai reperti ritrovati nelle
 grotte del versante orientale della rupe. La storia urbana del centro ha inizio
 però nel V secolo a.C. l'epoca a cui risalgono i resti delle mura megalitiche
 che perimetravano la cittadina ai piedi della rocca. Fu proprio quest'ultima,
 per la sua posizione preminente, a dare il nome all'insediamento, che fu 
Cephaloedium, cioè "testa", per la forma della rupe stessa. Il centro fu poi 
rifondato da Ruggero II nel XII secolo e risistemato in base al disegno 
urbanistico che ancor oggi lo caratterizza. Il significato di questa rifondazione
 si coglie soprattutto nel duomo, simbolo e sintesi del potere di Ruggero, che 
accentrò nelle proprie mani non solo il potere politico ma anche quello religioso. 
A partire dalla seconda metà del XIII secolo ebbe indiscussa supremazia nella 
cittadina la famiglia Ventimiglia, la cui residenza era l'Osterio Magno, un palazzo
 fortificato di fondazione normanna, ancora visibile lungo il corso principale. 
La cittadina, demanializzata nella seconda metà del XV secolo, visse un periodo 
di tranquillità e benessere, interrotto da un periodo di relativa decadenza nel 
corso del XIX secolo, dal quale negli ultimi decenni si è risollevata grazie ad una
 fiorente industria turistica.

La Cattedrale (Trasfigurazione di Nostro Signore) fu
 fondata nel 1130 per volere di Ruggero II il quale, secondo 
la leggenda, aveva fatto voto di costruirla se fosse uscito 
sano e salvo da una terribile tempesta che aveva investito 
la sua nave in viaggio per Palermo. La furia degli elementi lo
 scagliò sulla spiaggia di Cefalù, dove dunque il re pose la 
prima pietra dell'imponente costruzione. Si tratta indubbiamente di una delle 
più belle cattedrali del mondo, perfetto esempio dello stile romanico meridionale. 
Il prospetto è fortemente caratterizzato dalle due torri angolari, aggiunte nel 
1240, la cui massiccia mole è alleggerita da monofore e bifore. La facciata è 
decorata da un intreccio di due ordini di finte loggette che la percorrono da 
un'estremità all'altra. Nel 1472 vi fu aggiunto un arioso portico a triplici archi. 
L'interno è a tre navate, scandite da due file di colonne in marmo sulle quali 
poggiano sette arcate. Il soffitto della navata centrale è in legno dipinto e costituisce
 un importante esempio di arte islamica in Sicilia. L'abside, la crociera e le pareti 
adiacenti sono decorate da mosaici che fanno capo ad un magnifico Cristo 
Pantocratore, perfetto esemplare di puro stile e lavorazione bizantina, forse la
 più sublime rappresentazione del Cristo realizzata nell'arte cristiana. 
Al di sotto si trovano la Vergine, gli Angeli, gli Apostoli, disposti seguendo i criteri della gerarchia liturgica.
La Fondazione culturale Mandralisca Onlus trae origine 
dalle idee e dagli ideali di un illuminato mecenate dell'Ottocento, 
il barone Enrico Pirajno di Mandralisca (Cefalù, 1809-1864),
 che credeva fermamente nel valore dell'istruzione e a tale 
convinzione ispirò la sua vita e le sue opere. Da segnalare 
nella collezione di opere d'arte il sorriso enigmatico dell'Ignoto 
marinaio di Antonello da Messina , uno degli artisti siciliani rinascimentali più innovatori 
che ebbe il primato di aver introdotto la tecnica ad olio appresa dai maestri fiamminghi.
Il Lavatoio medievale è considerato la foce dell'antico fiume Cefalino,
 che nascendo dalle montagne di Gratteri sfociava a Cefalù seguendo 
un percorso sotterraneo. In passato dalle pareti di questo lavatoio 
sgorgava un imponente massa d'acqua che proveniva da una sorgente 
oggi esaurita.



Cefalù

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Il Pistacchio di Bronte

sicilian heart(CUORE SICILIANO): Il Pistacchio di Bronte: "La zona di produzione del Pistacchio di Bronte sono i Comuni di Bronte (Presidio), Adrano e Biancavilla (provincia di CT). Cresce su terren..."

sicilian heart(CUORE SICILIANO): I borghi marinari in Sicilia: Cala Rossa e Capo Ra...

sicilian heart(CUORE SICILIANO): I borghi marinari in Sicilia: Cala Rossa e Capo Ra...: "Improbabili rocce rosse venate di bianco: è questo lo scenario di Cala Rossa , una piccola insenatura poco fuori Terrasini , che è possibi..."

sicilian heart(CUORE SICILIANO): MAZARA DEL VALLO

sicilian heart(CUORE SICILIANO): MAZARA DEL VALLO: "Il territorio di Mazara è attraversato da due fiumi, il Mazaro e il Delia (detto anche Arena ), quest'ultimo a partenza dal Lago Trini..."

venerdì 27 maggio 2011

Santa Flavia

Valle dei Templi di agrigento!



La Valle dei Templi è un sito archeologico risalente al periodo della Magna Grecia, ubicato ad Agrigento, in Sicilia. Dal 1997 è stata inserita nella lista dei luoghi Patrimonio mondiale dell'umanità, redatta dall'UNESCO. È considerata un'ambita meta turistica, oltre alla più elevata fonte di turismo per l'intera cittàdi Agrigento e una delle principali di tutta la Sicilia. Il parco della Valle dei Templi è considerato il parco archeologico più grande del mondo (ca. 1300 ettari).
Il parco archeologico e paesaggistico nel 2008 è stato visitato da 616.503 persone.La Valle dei Templi è caratterizzata dai resti di ben dieci templi in ordine dorico, tre santuari, una grande concentrazione di necropoli (Montelusa; Mosè; Pezzino; necropoli romana e tomba di Terone; Paleocristiana; Acrosoli); Opere idrauliche (giardino della Kolymbetra e gli Ipogei); fortificazioni; parte di un quartiere ellenistico romano costruito su pianta greca; due importanti luoghi di riunione: l'Agorà inferiore (non lontano dai resti del tempio diZeus olimpio) e l'Agorà superiore (che si trova all'interno del complesso museale); un Olympeion e un Bouleuterion (sala del consiglio) di epoca romana su pianta greca. Le denominazioni dei templi e le relative identificazioni, tranne quella dell'Olympeion, si presumono essere pure speculazioni umanistiche, che sono però rimaste nell'uso comune.

  • Tempio di Hera Lacinia, dedicato all'omonima dea greca, fu costruito nel V secolo a.C. e incendiato nel 406 dai cartaginesi. Era il tempio in cui di solito si celebravano le nozze.
  • Tempio della Concordia, il cui nome deriva da un'iscrizione latina ritrovata nelle vicinanze dello stesso tempio, costruito anch'esso nel V secolo. Attualmente è con ogni probabilità quello meglio conservato. Fu trasformato in tempio sacro nel VI secolo d.C.
  • Tempio di Eracle, il più antico, era dedicato alla venerazione del dio Eracle (o Ercole), uno dei più rispettati dagli abitanti dell'antica Akragas. Distrutto da un terremoto, è oggi formato da appena otto colonne.
  • Tempio di Zeus Olimpio, edificato dopo la vittoria di Himera sui Cartaginesi (480-479) per onorare l'omonimo dio. Era il tempio più grande di tutto l'occidente antico e unico nell'architettura del suo genere. Era caratterizzato dalla presenza dei Telamoni, immense sculture alte sette metri e mezzo, raffigurazioni di Atlante che sorregge la volta celeste.
  • Tempio attribuito ai Dioscuri (Castore e Polluce) Figli di Leda e Zeus. In realtà il tempio sorge all'interno del santuario delle divinità ctonie ed è quindi probabile che sia stato edificato in onore delle divinità della terra (DemetraPersefoneDioniso).
  • Tempio di Efesto.
  • Tempio di Atena. Costruito lontano dalla valle vera e propria. Si trova nel centro storico della città di Agrigento. Sulla base del tempio sorge oggi la chiesa medievale di Santa Maria dei Greci.
  • Tempio di Asclepio, costruito lontano dalle mura delle città, era luogo di pellegrinaggio dei malati in ricerca di guarigione.
  • Tempio di Demetra e Santuario rupestre di Demetra. Il tempio sorge nella parte orientale della città, sul fianco del pendio con cui si conclude la Rupe Atenea nella valle del fiume Akragas. Dal terrazzo del tempio di Demetra, attraverso una scalinata incavata nella roccia, si giunge al sottostante santuario completamente scavato all'interno della collina.
  • Tempio di Iside. Si trova all'interno del complesso museale di San Nicola.
La valle dei Templi inoltre ospita la cosiddetta tomba di Terone, un monumento di tufo di notevoli dimensioni a forma di piramide, che si pensa eretto per ricordare i caduti della Seconda guerra punica.

[modifica]Templi

[modifica]Tempio di Hera Lacinia

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Tempio di Giunone (Agrigento).

[modifica]Tempio della Concordia

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Tempio della Concordia (Agrigento).

[modifica]Tempio di Asclepio (Esculapio)

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Tempio di Esculapio (Agrigento).

[modifica]Tempio di Eracle (Ercole)

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Tempio di Eracle.

[modifica]Campo dell'Olympeion


Resto di un telamone situato nel campo dell'Olympeion
Sull'altro lato della strada che imbocca la Porta Aurea si stende una vasta spianata, dominata dal gigantesco campo dell'Olympeion. Da un punto di vista topografico generale, il complesso, in rovina, appare virtualmente racchiuso tra una grande platea a nord, da uno stenopòs ad est, e da due isolati con relativi stenopoi ad ovest, mentre a sud corre la linea delle mura. È invece poco chiara la situazione ad est, oltre il grande altare del tempio, dove viene comunemente indicata la “zona dell'agorà” e dove si colloca un vasto parcheggio moderno, così come non definite bene sono le pertinenze occidentali del santuario, tra gli isolati d'abitazione e il colossale tempio.
Ad ovest di questi isolati d'abitazione, racchiuso da una stoà a L, si trova un altro santuario, di cui restano un piazzale lastricato, una sacello di pianta complessa e una tholos. Questo santuario posa su di uno sprone, ad est di un'ulteriore porta urbica, la V, sul cui altro lato si collocano in successione, fino al limite sud-occidentale della Collina dei Templi, il santuario delle divinità ctonie scavato dal Marconi, il nuovo santuario arcaico esplorato dal Del Miro, la cosiddetta colimbetra (dove si deve collocare un'altra porta ancora sconosciuta), e la punta estrema col tempio di Vulcano.

[modifica]Tempio di Zeus Olimpio

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Tempio di Zeus Olimpio (Agrigento).

[modifica]Tempio L

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Tempio L.

[modifica]Tempio dei Dioscuri

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Tempio dei Dioscuri (Agrigento).

[modifica]Tempio di Efesto (Vulcano)

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Tempio di Efesto (Agrigento).

[modifica]Porte

Sul lato occidentale della città si conservano i resti delle Porte VI e VII, la prima probabilmente con porta e controporta al centro di una valletta attraversata da una strada diretta forse ad Eraclea, la seconda guarnita da due torri e, a valle, da due poderosi baluardi esterni, il primo dei quali è spesso oltre quindici metri, un sistema di difesa avanzata noto anche altrove nel mondo greco, e in Sicilia aCamarina. Più a nord sono i resti delle Porte VIII e IX, travolti dall'incivile speculazione edilizia, iniziata già nel dopoguerra e proceduta sistematicamente sulla pendici della Rupe Atenea, malgrado il tragico crollo di pochi anni or sono, che sollevò le proteste dell'opinione pubblica nazionale ed internazionale.

[modifica]Altri reperti

[modifica]Necropoli e tombe

All'estremità ovest dell'area su cui sorge il Tempio della Concordia, nel giardino di Villa Aurea si trova una parte della necropoli tardo-antica ed alto-medievale, in parte ricavata in antiche cisterne, di cui sono ancora conservati numerosi altri esempi. Notevoli due ipogei, uno ad ovest dell'ingresso, con le pareti munite d'arcosoli e il pavimento di fosse sepolcrali, ed un altro presso l'angolo sud-est della casa del custode, con un ambiente illuminato da un pozzo di luce nel soffitto e due cripte sottostanti.

[modifica]Grotte Fragapane

Altre tombe a fossa sono visibili sulla via dei Templi, con strada centrale che conduce alle cosiddette grotte Fragapane, uno dei più notevoli esempi catacombali della Sicilia, databili come impianto al IV secolo d.C. Un lungo braccio orientato perfettamente nord-sud collega la necropoli sub divo (all'aperto) all'ipogeo, con una successione di due rotonde con oculi nel soffitto. Sul corridoio e sulle rotonde si aprono loculi e cubicoli sepolcrali, mentre altri ambulacri conducono a settori laterali più o meno regolari, e ad altre due rotonde ad ovest, con sepolture in loculi, fosse, arcosoli e sarcofagi.
Queste necropoli tardo-antiche e bizantine sono la naturale estensione di una vastissima necropoli ellenistico-romana, detta Giambertoni, che svolge in questo caso extra muros, con sepolture modeste in fosse o in sarcofagi, ma anche con tombe monumentali.

[modifica]Tomba di Terone


Tomba di Terone
Una di queste tombe monumentali, un heròon ellenistico prostilo tetrastilo su podio, è stato recentemente scavato, mentre il monumento più noto è latomba di Terone. Si tratta di un sepolcro a naiskos (con probabile coronamento cuspidato) su alto podio a pianta quadrata, sormontato dal naiskos vero e proprio a parete piena e finte porte centrali, con colonne ioniche e trabeazione dorica, di un modello ben noto nell'Oriente ellenistico e poi diffuso attraverso la cultura ellenistica italica anche nelle province occidentali, tra tarda repubblica e primo impero.
Per visitare questo sepolcro da vicino, basta attraversare la Porta IV (detta Aurea) che, pur conservata solo nei tagli della roccia, doveva essere una delle più importanti della città, poiché la collegava col mare e con Emporion: perciò qui si collocano più fitti i sepolcri ellenistici e romani e, fra questi, anche gli esempi più monumentali.

[modifica]Isolati d'abitazione e santuari

Subito ad ovest dell'"Olympeion", lungo stenopoì nord-sud di 5 metri di larghezza, si trovano due isolati d'abitazione di m 38 di larghezza, delimitati a nord dalla grande plateia est-ovest, raccordata con un piazzale all'uscita della Porta V, e a sud-est dalla linea delle mura. Gl'isolati, che mostrano cospicue tracce dell'originaria bipartizione nel senso della lunghezza, datano alla fine del VI inizi del V secolo a.C., e si sono – sembra – in parte sovrapposti a spazi originariamente pertinenti all'area sacra dell'"Olympeion" ad est e nell'area sacra presso la Porta V ad ovest, come dimostrerebbero edifici sacri del VI secolo a.C.
Oltre questa coppia d'isolati si situa un santuario che domina l'accesso alla città dalla Porta V: un grande portico a L dell'iniziale V secolo a.C. ne delimita i lati nord ed est, mentre quelli sud e ovest sono racchiusi dalla rientranza delle mura conclusa dai battenti della Porta V. All'interno dell'area sono due templi arcaici affiancati (metà VI secolo a.C.), orientati nord-sud: il primo dei due templi è conservato solo nei tagli della roccia (m 22,50x10,30), il secondo è un piccolo sacello tripartito vissuto fino all'età timoleontea. Un altro edificio del V secolo s. C., identificato come lesche, si situa a nord del complesso, mentre una grande tholos del IV secolo a.C. ha infine tagliato il portico a L verso l'estremità meridionale.

[modifica]Santuario delle divinità ctonie

Varcata la plateia al suo sbocco nella Porta V, sul lato nord si colloca un grande piazzale lastricato che dà accesso, verso ovest, al Santuario delle divinità ctonie. Purtroppo gli scavi di rapina, le fantasiose ricostruzioni ottocentesche e le radicali esplorazioni del Marconi ci fanno sfuggire un'occasione importante per comprendere il significato del complesso, che occupa nella storia dei culti agrigentini una posizione di straordinario rilievo.

[modifica]Museo


Raffigurazione di Efebo del V secolo a.C. posto all'interno delmuseo
Al centro della Valle dei Templi, nella zona ad ovest della chiesa di San Nicola (oggi Museo Nazionale), si ergono i resti dell'ekklesiastérion e del cosiddetto Oratorio di Falaride.
I lavori per la costruzione del museo hanno messo in luce un interessantissimo complesso di carattere pubblico (Agorà superiore). Nella parte nord, non più visibile perché barbaramente sepolto dall'edificio del museo, era un santuario di Demetra e Kore del VI-V secolo a.C., da collegare con ogni probabilità, come presidio sacro, con le attività pubbliche svolte immediatamente in basso a sud: dal santuario provengono i consueti ex-voto fittili e ceramici.
A sud si estendono, per un'area di tre quarti di cerchio, i resti dell'Ekklesiastérion, di una tipologia già nota in età arcaica (VI secolo a.C.) a Metaponto. Si tratta di una cavea circolare dal profilo dolcissimo in cui sono conservate o ricostruibili una ventina di file concentriche di sedili, al fondo della quale – a copertura di unéuripo (canaletta) per il drenaggio – un anello di conci delimita lo spazio centrale a forma d'orchestra, intagliato nella roccia e completato a sud con blocchi; tre cunette scavate nella roccia della cavea a nord, nord-est ed est incanalavano infine le acque piovane provenienti dalla zona di maggior pendenza. I cittadini assistevano ai dibattiti dell'assemblea dalla cavea, mentre l'orchestra era destinata agli oratori. La cronologia è incerta: si vuole che si tratti di un monumento dell'età di Finzia, della cui tirannide si conoscono i tratti demagogici, ma una data coincidente con la rifondazione timoleontea sembra più verosimile, anche se cronologie più alte – ora che sappiamo della datazione arcaica dell'ekklesiastérion di Metaponto – non sono impossibili.

[modifica]Oratorio di Falaride


L'oratorio di Falaride
In età romana (si ritiene comunemente nel I secolo a.C., ma la data del II secolo a.C. appare storicamente più coerente) la cavea venne riempita e fu costruito il cosiddetto Oratorio di Falaride, in realtà un tempietto di tipo romano su alto podio con altare sulla fronte orientale. Il tempietto sorge su un podio sagomato alto m 1,57, lungo m 12,40 e largo 8,85: si trattava di un edificio ionico prostilo tetrastilo (m 10,90x7,40) con trabeazione dorica, interamente coperto di stucco dipinto, di cui restano cospicue tracce. In asse col tempio, ma significativamente anche sul diametro centrale del precedenteekklesiastérion e sull'asse della cunetta settentrionale di questo si colloca l'altare del sacello, pure rivestito di stucco dipinto, immediatamente a nord, a margine dell'antico edificio di riunione, e in asse con l'altare del sacello romano, sorge un'esedra semicircolare, con tutt'evidenza destinata ad ospitare una statua. L'ipotesi che spiega nella maniera più convincente questa radicale trasformazione consiste nell'interpretare il tempietto (destituita d'ogni fondamento è l'attribuzione ad esso di una lastra con iscrizione dedicatoria) come luogo di culto insediato da Romani all'indomani della deduzione di coloni da parte di Scipione nel 197 a.C. (deduzione accompagnata da cospicue donazioni, come l'Apollo di Mirone posto nell'Asklepieion, e ricordato sopra), evidente sostituzione dell'“ekklesiastérion” collegato al vecchio ordine costituzionale, e anch'esso munito della sua carica sacrale. Sarebbe seducente supporre che il tempietto fosse dedicato al nuovo ecista Scipione, eroizzato (come a Liternum), al quale era certamente dedicato almeno l'esedra semicircolare. In ogni caso il tempietto ha il sapore di un piaculum (atto espiatorio) per la soppressione di uno spazio pubblico (o sacro) più antico. Nella fase successiva, d'età imperiale, la zona, specialmente nella parte inferiore dell'antica orchestra (ma anche sulla sommità della cavea), venne occupata da abitazioni private, di cui sono visibili alcuni ambienti decorati con mosaici...

[modifica]Reperti vari non classificati


Un dipinto di Hackert del 1778
Immediatamente adiacenti a nord del tempio dei Dioscuri sono le fondazioni, fra loro intersecantisi, di due altri templi di misure quasi identiche, della metà del VI secolo a.C., del tipo a mégaron privo di peristasi: quello più meridionale (m 23,45x10,30), allineato al tempio dei Dioscuri , presenta lunghe ante, pronao e naòs; quello più settentrionale (m 22,90x8,05), con orientamento leggermente diverso, mostra anch'esso lunghe ante, pronao, naòs e àdyton. I due templi sono cronologicamente vicini tra loro e quello meridionale precede quello settentrionale, come mostra bene il taglio delle fondazioni dell'edificio meridionale da parte di quello settentrionale. La cronologia di Marconi, inversa, è visibilmente “ideologica” (e falsamente tipologica), basata com'è sul presupposto che l'edificio conàdyton deve precedere quello che ne è privo. Resta comunque il fatto che sulla fronte dei due templi insistono due altari attaccati l'uno all'altro, apparentemente in rapporto, come collocazione ed orientamento, con l'edificio meridionale. È pure di rilievo la constatazione che i due templi ricalcano, come misure, la cella del tempio adiacente dei Dioscuri (privo d'altare), e che quest'ultimo dee aver sostituito nel culto i due precedenti.
Tutto il settore nord-ovest dell'area sacra, dove sono in luce tratti del muro di témenos, è occupato da piccoli edifici sacri e da altari. Sovrapposta ai due templi menzionati da ultimi vi è una struttura a due ambienti affiancati, orientati nord-est/sud-ovest e, adiacente a questa verso nord-ovest, un piccolo edificio triparto nel senso della lunghezza, che sembra ripetere la tradizionale partizione delmégaron con pròdomos (a nord-est), naòs e àdyton; a questi due edifici non si riferisce apparentemente alcun altare.
Lungo il lato occidentale del témenos, da nord a sud, si dispongono invece tre altri edifici e numerosi altari. All'estremità settentrionale è la struttura più complessa, costituita da un naiskos tripartito affiancato sui lati lunghi da due vani, contenenti quello orientale un piccolo altare quadrato, e quello occidentale un grande altare circolare con apertura centrale; presso l'angolo sud-est si colloca un altro altare quadrangolare, forse con gradino di pròthysis, e immediatamente a sud-ovest vi è un altro edificio tripartito (il vano ovest è solo in parte conservato). Sulla fronte orientale, immediatamente dinnanzi alla porta è un altare quadrato e, all'esterno della porzione centrale del lato sud, un pozzo anch'esso quadrato.
Seguono a sud-ovest due grandi altari, uno circolare con cavità centrale e, tangente a sud-ovest, uno quadrato, mentre a sud-est sono resti di un anello pertinente forse ad un altro altare o donario circolare; a sud, parallelo all'altare quadrato, è un altro naiskos tripartito, mentre paralleli alla facciata occidentale del tempio dei Di oscuri sorgono affiancati tre basamenti di donari (piuttosto che altari), di cui quello settentrionale presenta un pozzo attaccato al lato nord.
È difficile interpretare correttamente sia la cronologia che il significato culturale di questo importante e complesso santuario, dove sono da riconoscere mégara – edifici propri del culto delle due dee eleusine (AmmonioFGrHist, 361, 1; Eustazioad Od., 1, 27, p. 1387, 17) – in cui gli altari sono sovente all'interno, come nell'edificio più settentrionale del témenos. Nel culto agrigentino grande importanza assume la coppia di due altari, uno quadrato ed uno circolare, ripetuta ben due volte: di essi – come nel caso del tempio di Demetra e Kore di San Biagio – uno ha la funzione d'altare per le offerte cruente (quello quadrangolare, in questo caso) e l'altro (quello circolare) la funzione di ricevere, nelle cavità, le offerte incruente, anche se non va dimenticato il ruolo che il chasma, la cavità, ha nel culto eleusino, come mezzo per inviare alle dee l'offerta consuetudinaria del porcellino, o per conservare gli àrrheta, le “cose segrete”, pure centrali nel rito ctonio (Schol. Luc., 275, 23; 276, 1-28).
È necessario ricordare, per la pluralità degli edifici, la molteplicità delle feste delle dee, almeno nella tradizione attica (SkirophòriaArrhetophòriaThesmophòriaHaloa e così via), per cui i molti edifici, con i loro diversi apprestamenti sacri, altari circolari o rettangolari, interni od esterni, pozzi, potevano esser usati in relazione alle diverse feste, ciascuna con le proprie esigenze di culto. Né va dimenticato che all'interno del témenos dovevano essere venerate anche altre divinità, collegata in forma subordinata od appositiva a Demetra e Kore, quali ad esempio Hekate, Zeus Meilichios(come mostra il santuario di Demetra Malophòros nella vicina Selinunte) o Afrodite (così l'esempio del santuario greco dell'empòrion di Gravisca), o ancora Dioniso (presente ad esempio a Sicione: Pausania, II 11, 3).
In questa direzione si può interpretare la funzione del secondo sacello da nord del témenos, visto l'altare quadrato (uranio) dinanzi la porta, così come il complesso di templi a nord del tempio dei Dioscuri, con i loro altari rettangolari esterni orientati ad est, e il tempio L, anch'esso munito d'altare per culto uranio. In ogni caso, il santuario vedeva una predominanza della grande coppia di dee eleusine, dimostrata dall'enorme quantità di busti e protomi fittili delle dee, di statuette e di vasi rituali, rinvenuti nel complesso e databili tra il VI secolo a.C. e l'età ellenistica. La straordinaria popolarità delle dee in ambito geloo-agrigentino, e più in generale in ambiente siceliota, si spiega assai bene con l'importanza che il culto aveva per le pratiche matrimoniali e perciò per le relazioni con l'entourage indigeno. Del resto il ricordo dell'episodio di Teline di Gela, avo dei Dinomenidi e ierofante delle dee, citato nelle vicende storiche di Gela per la sua fuga nella sicula Mactorio, è emblematico al riguardo. È in questo contesto, e non in un mitico sincretismo religioso greco-indigeno, che va ricercato il significato di siffatta popolarità del culto in ambito greco e poi in quello indigeno (si pensi ai molteplici sacelli di Demetra a Morgantina), come riflesso dell'egemonia dell'elemento greco, ma anche della necessità, da esso vivamente sentita, di un duraturo rapporto con gl'indigeni.
Scavi recenti hanno messo in luce un Santuario arcaico adiacente al lato sud-ovest del témenos delle divinità ctonie, un terrazzo all'incirca triangolare posto su di uno sperone roccioso sovrastante la cosiddetta Colimbetra, e munito di un proprio muro di recinzione dell'area sacra. Al centro dell'area si colloca un'importante base, stretta ed allungata (m 20 circa), che sorreggeva un donario di numerose statue; ad ovest essa presenta associata un'altra base di “”anàthema”” (offerta) semicircolare (diametro circa 5 m); ancora più a sud sono visibili sulla roccia intagli per l'incisione di stele. All'angolo nord-est del témenos si appoggia un piccolo sacello (m 8x6), aperto con una porta sul lato lungo meridionale e conservato solo nelle fondazioni. Questo santuario è datato alla fine del VI o agl'inizi del V secolo a.C.; nel corso del IV secolo a.C., il sacello viene bipartito e s'aggiunge, al centro del témenos, un altro naiskos di m 5,10x3,30, aperto verso est, mentre tutta l'area viene nuovamente pavimentata. La divinità venerata, a giudicare da una testa fittile di medie proporzioni del più alto arcaismo (s'intende, relativamente ad Agrigento), dovrebbe essere femminile.
Sempre procedendo verso ovest sono i resti della Porta V, di tipo sceo, difesa da un torrione del IV secolo a.C. sul lato destro; il vano della porta e della controporta è occluso da blocchi di caduta, mentre oltre la porta sono in luce vasti tratti caduti della fortificazione, originariamente difesi da torri quadrate. Attraverso un sentiero si giunge in una valletta con abbondante vegetazione e sorgenti, un tratto di meraviglioso paesaggio in cui si è voluto riconoscere (forse a torto) il sito della celebre Colimbetra.

[modifica]Abusivismo nella valle dei Templi

In tempi più recenti, la valle dei Templi è divenuta tristemente famosa per i numerosi casi di abusivismo edilizio nella zona, che ha portato alla costruzione di numerosi edifici che parecchio stridono con i resti degli antichi templi di fondazione greca.
In breve tempo, tale situazione è divenuta emblematica della diffusione della pratica dell'abusivismo in Sicilia e numerose voci si sono spesso elevate per porre fine a tale situazione, in modo da destinare i territori della valle ai soli templi greci.
Sebbene occasionalmente alcuni di questi edifici non autorizzati vengano demoliti, il problema ancora oggi non è stato del tutto risolto.