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martedì 24 maggio 2011

'A frittedda

FritteddaCi sono dei piatti che mangerei a qualsiasi ora del giorno e della notte, piatti che mi stuzzicano il palato e che, come se mi trovassi in un cartone animato, mi chiamano! In questi casi, spesso e volentieri, mi ritrovo ad aprire il frigorifero, armata di forchetta o cucchiaio, scoperchio il piatto di portata e… zacchete, rubacchio un po’ di quella ghiottoneria.
Ecco, questo è quello che mi accade con la preparazione della ricetta che sto per proporvi.
A frittedda, italianizzata “frittella”, è un piatto tipico della tradizione siciliana e più specificatamente della Sicilia orientale. Trova le sue radici nella tradizione contadina, pertanto sono presenti diverse varianti a seconda del paese di provenienza. Va comunque sottolineato che il filo conduttore di tutte le varianti è quello dell’utilizzo delle fave; cambiano gli aromi, gli ingredienti di accompagnamento, il momento del pasto e la temperatura in cui viene servita. Per quanto riguarda l’origine del nome non ci sono fonti certe, quella più probabile pare essere quella di derivazione latina (dafrixūra = friggere, anche se di fritto non c’è nulla).
Il periodo indicato per la preparazione di questo piatto è la primavera, stagione che vede le fave e i piselli più teneri e dolci.
La versione che leggerete in questo articolo è quella palermitana che vede l’unione di fave, piselli e carciofi in un trionfo di ortaggi in umido.
Frittedda
Ingredienti:
  • 1 kg fave fresche
  • 1 kg piselli freschi
  • 3 carciofi
  • 3 scalogni
  • 1 limone
  • ½ bicchiere di olio extravergine d’oliva
  • Acqua, sale, pepe q.b.
Sgranate fave e piselli.
Mondate i carciofi togliendo le foglie dure e le punte con le spine, tagliateli a spicchi (io ne ricavo circa 8 a carciofo) e privateli del fieno (o barbetta) interno; immergeteli in acqua acidulata con un limone spremuto.
Pulite gli scalogni e tagliateli a rondelle.
Aggiungete tutti gli ingredienti nella padella ancora fredda, salate ed irrorate con l’olio, ricoprite il tutto con acqua e fate cuocere a fuoco lento sino a quando questa non sarà evaporata (se la cottura non vi dovesse sembrare ottimale, aggiungete un altro po’ d’acqua calda). A cottura ultimata pepate e lasciate intiepidire. A casa mia viene proposto come contorno freddo o a temperatura ambiente.
Consiglinon è una novità, ma è bene ricordarlo. Per la preparazione di questo piatto è d’obbligo (nel rispetto del palato e della tradizione) procurarsi fave, piselli e carciofi freschissimi e nel caso dei primi due ingredienti, più giovani e piccoli saranno meglio è.
Varianti e proposte: come già accennato prima, possiamo trovare diverse versioni di questo piatto.
A seconda del vostro gusto potrete scegliere di aromatizzare con mentuccia fresca (Calamintha nepeta),finocchietto selvatico (come nella preparazione aliese dove però mancano piselli e carciofi) o prezzemolo. La tradizione vede anche l’utilizzo dell’agrodolce, per farlo vi basterà aggiungere, poco prima di spegnere il fuoco, ½ bicchiere di aceto nel quale avrete sciolto un cucchiaio di zucchero e lasciare evaporare, in questo caso dovrete servire il tutto freddo.
C’è chi lo propone come antipasto e chi, come nel mio caso, come contorno. Ma è davvero ottimo anche comecondimento per la pasta (dovrete però evitare l’agrodolce), in questo caso vi consiglio un tipo di pasta corta che riesca a trattenere al suo interno i diversi ingredienti, mezze manie o conchiglie saranno perfette, per dare un tocco da veri gourment potrete mantecare il tutto con della ricotta fresca o salata a piacere.

Essendo un piatto di “casa” vi consiglio di adattarlo al vostro gusto, in fondo la forza della tradizione cresce con i popoli e con le loro esigenze. Il mio ultimo consiglio? Create nuove combinazioni, vi basterà tenere a mente solo quello che questa ricetta “povera” ci insegna: l’importante è usare le materia prime nel loro massimo splendore!

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