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martedì 17 maggio 2011

La Storia della Sicilia

La Storia della SiciliaLa Sicilia, per la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, è stata sempre contesa dalle grandi potenze e la sua è perciò una storia di dominazioni che si sono succedute.
La storia della Sicilia ha un aspetto principale, che affascina chiunque la studi: è una storia caratterizzata da invasioni e dominazioni esterne; iSicani, gli Elimi e i Siculi, le prime popolazioni ad aver lasciato traccia del loro passaggio in terra siciliana provenivano da fuori, dal Mar Mediterraneo.
A questi seguirono i Fenici, poi i Cartaginesi e con loro i Greci, sotto i quali la Sicilia conobbe il primo momento di splendore.
I Greci approdarono sulle coste orientali dell'isola, dove fondarono colonie come Catania, Siracusa, Gela e Agrigento. I tiranni di Siracusa (soprattutto al tempo di Dionigi il Vecchio) tentarono la conquista di tutta l'isola confrontandosi con i Fenici, l'altra potenza mediorientale.

La convivenza tra Greci e Fenici si risolse nel 480 con la Battaglia di Imera e l'apogeo della civiltà magnogreca, che terminò nel 212 a. C. con la conquista romana di Siracusa.
La dominazione greca ebbe termine nel 212 a. C., con l'assedio di Siracusa nel quale perse la vita Archimede: da allora, per oltre sei secoli, l'isola passò nelle mani dell'impero romano.

Da allora l'isola divenne una provincia fondamentale per la politica e l'economia dell'impero Romano.
Nel 468 Genserico, il capo dei Vandali, estese la sua potenza egemonica a tutto il Mediterraneo occidentale. La Sicilia rimase sotto il dominio vandalico sino al 476, quando divenne re d'Italia Odoacre. L'isola passò poi in mano ai Goti e Teodorico il Grande subentrò al re degli Eruli nel regno barbarico d'Italia (495).
Dopo le invasioni barbariche, la Sicilia conobbe la dominazione bizantina. Iniziò così il processo di"bizantinizzazione": cultori e letterati prosperarono in Sicilia, come i papi AgatoneLeone e Sergio, e Giorgio di Siracusa. Grande fama ebbe inoltre Gregorio di Agrigento (sec. VI), autore di opere di ampia diffusione nell'ambito filosofico del tempo e letterati, quali Epifanio di Catania e Gregorio Bizantino.
Successivamente l'isola passò sotto la dominazione araba, durante la quale si distinse come una delle terre più ricche e tolleranti del Mediterraneo. Il dominio arabo coincide con la rinascita della Sicilia, dopo la decadenza dell'ultimo periodo bizantino. Durante il secolo di dominio arabo la Sicilia fu la terra più tollerante e ricca del Mediterraneo: venne riorganizzata da un punto di vista amministrativo e i risultati artistici e culturali furono eccezionali.
Nell'827 arrivò il momento dello sbarco musulmano a Mazara del Vallo, primo passo verso la conquista di tutta l'isola. Nell'831 cadde Palermo, nell'865 Siracusa, e solo molto più tardi ebbero uguale sorte le ultime roccaforti della resistenza bizantina. L'organizzazione dell'emirato fece centro su Palermo, nuova capitale dell'isola al posto di Siracusa: la nuova città, con le sue trecento moschee, era in competizione con le grandi città dell'Oriente e dell'Occidente musulmano.
In questo periodo d'oro i Musulmani furono protagonisti dell'unica vera rivoluzione agricola della Sicilia: frammentarono il latifondo e diffusero nuove tecniche d'irrigazione e coltivazione. I Musulmani inoltre aprirono ai commerci il grande porto di Balarm, dove trafficavano Arabi, Berberi, Persiani, Greci, Longobardi, Ebrei, Slavi, Genovesi, Veneziani e Amalfitani.
Il ritorno della Sicilia all'Occidente si ebbe con i Normanni che posero le basi per la splendida corte di Federico II. Nella fase della loro grande espansione, fu concepita una precrociata per scacciare gli infedeli Musulmani dal centro del Mediterraneo. L'impresa, condotta dal più giovane dei fratelli Altavilla, Ruggero, durò trenta anni (1061-1091).
Politica e cultura convissero per il costante impegno mecenatico dei sovrani normanni: nel campo delle arti, come in quello letterario e scientifico.
Il matrimonio di Costanza d'Altavilla con Enrico VI di Svevia, figlio dell'imperatore Federico I Barbarossa, consentì la discesa in Sicilia di Enrico e la sua incoronazione a Palermo.

Ma l'età sveva (1194-1250) ebbe il suo grande protagonista in Federico II, nato da Costanza ed Enrico. Egli fece dell'isola la base della sua politica imperiale, ma ciononostante non vi soggiornò quasi mai, impegnato nella lotta contro i comuni dell'Italia settentrionale e nella politica germanica.
Alla sua morte (1250), il regno meridionale passò al figlio Corrado IV e poi al figlio Manfredi.
Questo periodo ebbe sviluppi incredibili sul piano della giurisprudenza, della letteratura in latino, delle scienze sperimentali e della poesia in volgare.
Con la fine del Medioevo, iniziò per l'isola una lunga stagione di decadenza: prima gli Angioini, cui seguirono gliAragonesi, e infine i Borboni, nessuna di queste dinastie seppe valorizzare l'isola, sempre più sfruttata, sempre più colonia.
Alla fine del XIX secolo, la spedizione di Garibaldi spianò la strada per l'annessione della Sicilia al Regno d'Italia. La dominazione sveva in Sicilia ebbe inizio con un matrimonio di stato fra Enrico VI, figlio dell'imperatore Federico Barbarossa, e Costanza d'Altavilla, figlia di Ruggero II. La nuova dinastia degli Svevi in Sicilia, con Federico II, figlio di Costanza I, raggiunse il massimo dello splendore.
Alla fine della dinastia degli Hohenstaufen, nel 1266 la Sicilia venne assegnata dal Papa, che considerava l’isola patrimonio della Chiesa, a Carlo I d'Angiò; ma il dominio angioino in Sicilia ebbe breve durata. Col pretendente francese si confrontarono prima Manfredi, figlio naturale di Federico II, eliminato nella battaglia di Benevento (1266), e poi il piccolo Corradino, sconfitto a Tagliacozzo e fatto decapitare dall'Angioino (1268). Ma la dominazione angioina nel regno di Sicilia era mal sopportata dai Siciliani, che non riuscirono ad adattarsi all'arroganza dei nuovi signori.
La rivoluzione del Vespro, scoppiata a Palermo il 31 marzo 1282, determinò lo sterminio dei Francesi e la cacciata degli Angioini dall'isola.
Come proprio sovrano i Siciliani scelsero Pietro III d'Aragona, che, in quanto marito di Costanza di Svevia, poteva accampare i diritti sulla corona siciliana.
Il processo di declino del regno aragonese trovò il suo sbocco in una riconquista promossa da Martino l'Umanoper conto del figlio, Martino il Giovane. Questi sostenne una lunga lotta contro l'indomabile baronaggio siciliano. Rimase in Sicilia a tenere il potere come vicaria, Bianca di Navarra, seconda moglie di Martino il Giovane. Contro di lei si mosse il grande ammiraglio del regno, Bernardo Cabrera.
La nuova guerra civile fece scadere il regno a vice-regno, quando sul trono d'Aragona venne eletto Ferdinando d'AntequeraBianca fu richiamata alla corte iberica ed in Sicilia fu inviato il viceré Giovanni duca di Penafiel. Contro ogni tentazione autonomistica, Alfonso V il Magnanimo (1416-1450) nominò una serie di viceré scelti da lui con accuratezza.
Nel 1415 Ferdinando di Castiglia invia in Sicilia il primo viceré: l'isola diviene provincia aragonese. La decadenza economica e culturale prosegue, anche a causa della cacciata degli Ebrei. Si succedono le rivolte, stroncate con l'aiuto del Sant'Uffizio.
I due regni di Sicilia, con la morte di Alfonso il Magnanimo, furono divisi e quello isolano fu unito alla corona d'Aragona. Era il momento in cui cresceva la grande Spagna dei re Cattolici, l'età delle grandi scoperte geografiche e scientifiche, il tempo in cui, con Maometto II ed i suoi successori, la potenza turca partì alla conquista dell'Occidente. La Sicilia assunse una posizione strategica, antemurale contro l'aggressione ottomana e i pirati barbareschi.
Nel 1535 Carlo V visitò l'isola ed entrò trionfalmente a Palermo. L'isola fu trasformata in un'immensa fortezza. Nel Seicento, nella Sicilia spagnola che vide il trionfo dell'effìmero in campo artistico, si aggravò la situazione economica, poiché le carestie resero deserte le campagne e la fame dilagava per le grandi città.

Nel 1647 una rivolta divampò a Palermo: la folla assalì il palazzo di città e liberò i prigionieri della Vicarìa. Maggiore successo ebbe quella delle maestranze artigiane palermitane, capeggiata da Giuseppe D'Alesi che tentò l'instaurazione di un governo popolare.
Nel 1693 un terribile terremoto rase al suolo la Sicilia Orientale, devastando il territorio delle attuali province di Catania, Siracusa e Ragusa.
Gli anni della ricostruzione della Sicilia orientale coincisero con grandi sconvolgimenti: la dominazione spagnola si chiuse nel 1713 sotto Filippo V di Spagna.
Poi con il trattato di Utrecht (1713), l'isola passò a Vittorio Amedeo II di Savoia, ma sette anni più tardi, il trattato dell'Aja, voluto da Austriaci ed Inglesi, ne sancì l'annessione al regno di Carlo VI d'Austria.
Filippo V di Spagna investì Carlo del regno delle Due Sicilie. Questi giunse nell'isola a Palermo (30 giugno 1735) per farsi incoronare. La pace di Vienna (1738) gli riconobbe poi il titolo. La Sicilia attendeva dal nuovo sovrano la soluzione dei suoi numerosi problemi.

Carlo III
, con una intelligente politica riformista, cercò di sollevare i sudditi dalle condizioni di estrema miseria in cui versavano. Istituì la "Giunta per gli affari di Sicilia" e quella "per il commercio del grano", stipulò accordi commerciali con gli Stati africani.
Infine, nel 1736 la Sicilia entrò a far parte del dominio dei Borboni, che regnarono sull'isola fino all'Unità d'Italia, nel 1860.
Una modernizzazione dell'isola era necessaria ai Borboni per ottenere più tasse e per questo essi, nel 1781, inviarono a Palermo come viceré, il marchese di Villamaina, Domenico Caracciolo, un illuminista napoletano nato in Spagna e vissuto per dieci anni in Francia.
Caracciolo introdusse le riforme contro i privilegi del baronaggio e la soppressione del famigerato Tribunale dell'Inquisizione (1782).
Ma l'epoca del Caracciolo fu anche quella in cui si avviarono una serie di riforme agrarie, fortemente osteggiate dalla nobiltà e dall'alto clero, nelle cui mani era gran parte del latifondo siciliano. Inoltre durante questo periodo si aggravò il distacco della Sicilia da Napoli e in cui aumentarono le pressioni autonomistiche da parte dei siciliani.
Con l'appoggio inglese ed in particolare di lord Bentink, la Sicilia ottenne una Costituzione su modello inglese, approvata dal parlamento il 19 luglio 1812 e sanzionata dal re il 10 agosto. Si trattava di una Carta da cui sarebbe nato un nuovo parlamento bicamerale sul modello inglese e che avrebbe abolito la feudalità e la tortura, stabilito che la legge era uguale per tutti e concesso la libertà di stampa.

Questa costituzione fu rinnegata da Ferdinando, quando il Congresso di Vienna (1816) gli confermò la corona delle Due Sicilie. Il malcontento antiborbonico si configurò nella penetrazione della Carboneria in Sicilia anche tra i borghesi e il clero.
I moti del '20 furono repressi con la forza militare e il ripristino dell'assolutismo portò ad una intensificazione dell'azione dei Carbonari. La rivolta capeggiata da Domenico Di Marco, a Palermo, e quelle di Siracusa e Catania vennero soffocate.

I moti del '48, capeggiati da Giuseppe La Masa a Palermo, dilagavano per tutta la Sicilia. Fu costituito un governo provvisorio, si diede vita al Parlamento e si costituì un esercito in grado di contrastare il ritorno armato dei Borboni.
Il 15 maggio 1849 le truppe del generale Filangeri entrarono a Palermo. La restaurazione borbonica fu travagliata da cospirazioni che ne intralciarono l'attività e gli esuli siciliani elessero alla causa dell'isola lo stesso Giuseppe Mazzini.
L'11 maggio del 1860 mille volontari guidati da Giuseppe Garibaldi sbarcarono a Marsala, per conquistare il Regno delle Due Sicile. Vennero conquistate prima Palermo, poi Messina, infine Napoli. Tra le pagine nere della felice epopea garibaldina vanno annoverati i cosiddetti "Fatti di Bronte": in quell'immenso feudo donato dai Borboni all'ammiraglio Nelson i contadini, trattati da servi della gleba, furono uccisi nell'occupazione delle terre.
Il ventesimo secolo si apre con il disastroso terremoto di Messina del 1908. La Sicilia del Novecento, anche se esclusa dal processo di modernizzazione, ha visto alternarsi lo splendore della sua vita culturale alla miseria dell'arretratezza e della mafia.
Moltissimi i musei archeologici in tutta l'isola. I resti preistorici più interessanti si trovano forse nelle isole, in particolare nelle Eolie quasi nulla è rimasto di fenicio, se non nei musei, mentre moltissimo della Sicilia magnogreca: tra i tanti luoghi, citiamo Segesta, Selinunte, la Valle dei Templi e di età ellenistica, Morgantina.

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